Il sindaco e la Ticosa
Volere è potere

“Fermi tutti, dove andate?”, domanda minaccioso a Fantozzi & colleghi il mega direttore cineasta Ricciardelli prima di costringerli all’ennesima visione della “Corazzata Potemkin” con l’occhio della madre e il montaggio analogico. Lo diciamo anche a voi, cari lettori, che vi accingete a sorbirvi un altro articolo sull’ex Ticosa. Tranquilli, qui c’è la via di fuga. Pagina 2 è dietro l’angolo. Se però siete di Como o avete a che fare con la città, oppure vi sta a cuore il capoluogo lariano, prendetevi qualche minuto e andate avanti, a meno che non ci sia una di quelle partite della nazionale, come nel film di Villaggio, in cui Zoff segna di testa su calcio d’angolo. No eh? Allora cosa c’è di nuovo sulla Ticosa? Nulla. O meglio il sospetto, più che fondato che, a palazzo Cernezzi, si manovri per far finire su un binario morto il progetto presentato da “Officina Como” che prevede, in estrema sintesi, un hub della Creatività, dove i giovani possano studiare, lavorare e incontrarsi, un parcheggio e una quota di housing sociale. Si sa che buona parte della maggioranza comunale si è sdraiata sui binari. E così il treno partito per Milano, diretto alla Fondazione Cariplo per bussare a quattrini, non prevede tra i viaggiatori la proposta per l’area dismessa più dimessa di tutti in una città che avrebbe tutto per non essere dimessa ma rischia di diventarci.

Perché il problema è che non si sa se e quando ripartirà un altro treno dalla diroccata stazione di via Grandi. Si dice invece che il cittadino numero uno, il capostazione tanto per restare comodamente adagiati nella metafora, non avrebbe visto con sfavore il progetto di “Officina” in viaggio per Milano.

Sull’argomento il dottor Mario Landriscina, sindaco di Como, ha buttato là qualche timida parola. Sarebbe rimasto silente invece nella riunione del Tavolo della competitività che ha preparato la spedizione verso il capoluogo meneghino.

L’inghippo o l’enigma se preferite, è tutto qui. I comaschi avrebbero diritto di sapere qualcosa di più su un progetto che àncora la città al suo futuro, da parte del sindaco che hanno eletto direttamente. Fosse pure un “no” stentoreo come il fischio che fa partire un convoglio ferroviario o magari un “sì” senza se o senza ma, entrambi motivati perché in politica si usa così. Almeno si usava. Per non farla tanto lunga: se Landriscina ritiene che il progetto di “Officina” faccia il bene di Como rompa gli indugi. Idem in caso contrario. Questo traccheggiare in attesa che sia il tempo a dispensare giustizia, non la rende a un città che il futuro ha bisogno di respirarlo.

Dice: ma come fa a imporre una cosa alla sua maggioranza in gran parte renitente? O con la persuasione o con i poteri del sindaco che è eletto dai cittadini e solo a loro dovrebbe rispondere. Specie di questi tempi con la politica dematerializzata, con sempre meno mediazioni e i partiti ridotti a simulacri di se stessi.

Proprio ieri Como ha salutato un suo primo cittadino, Renzo Pigni, che si spezzò piuttosto che piegarsi a logiche che riteneva dannose e speculative per la città. Pazienza se perse la fascia e anche l’eventuale ricandidatura. Fece ciò in cui credeva anche contro l’opinione dei suoi. Forse anche per questo è stato accompagnato verso un mondo migliore dall’affetto di tanti cittadini. Vogliamo rievocare ancora la vicenda di Antonio Spallino e del centro pedonale? Quanti nemici ebbe allora, anche e forse soprattutto nel suo partito? Eppure tirò dritto. E allora i partiti contavano, eccome. Prima di lui Lino Gelpi pur di creare la magia della passeggiata di villa Olmo, in un’area che faceva gola più di un ripiano di torte Saint Honore, si fece dare il nome del miglior avvocato urbanista d’Italia e oggi Como gode i frutti di tanta tenacia. Lo stesso Mario Lucini, magari commettendo errori che sta pagando fin troppo cari, tirò dritto nel suo percorso per il lungolago, contro il parere di molti.

Insomma, quando si è seduti sulla poltrona di sindaco volere può coincidere con potere se si possiede quel coraggio che, ce lo insegna la sua “vita” professionale precedente, non è mai mancato a Landriscina. Se poi il problema è mettere il cappello sulla possibilità di risolvere l’ultratrentennale empasse Ticosa, (e in una città in cui invidie, gelosie e godimento per i rovesci altri crescono sugli alberi, è un problema) non sarà difficile mettersi d’accordo se si ha come fine il bene comune. Magari un aiuto, se non dalla maggioranza, potrebbe giungere dall’opposizione in Comune. Va bene sottolineare che, stando almeno alle apparenze, la cifra progettuale di questa giunta non va oltre i parcheggi. Ma non basta. Se si vuole raggiungere l’obiettivo bisogna stanare gli avversari e costringerli a un confronto sui contenuti. Detto questo, se ce l’avete fatta a rimanere fino a qui, com’era il montaggio analogico?

@angelini_f

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