L’amore per Como
ostacolato dai cavilli

Almeno cinque, ma il numero di passaggi può essere anche il doppio quando si tratta di dare la propria disponibilità a offrire, sì offrire, cioè regalare, soldi e lavoro all’ente pubblico. L’ultimo caso è quello delle statue che l’Accademia Galli e il Soroptimist restaureranno davanti a Villa Olmo. Settimane per avere l’ok dal pubblico. Giorni che a un privato sembrano un’eternità, ma che per un ente pubblico non sono nemmeno tanti in confronto ad altri casi di cui Como è stata purtroppo protagonista.

È l’Italia, va così, è il Paese che continua a comportarsi come un disco rotto e fa inciampare i privati di buona volontà nei solchi di un vinile sulla cui etichetta c’è scritto “burocrazia”. La colpa sembra essere come sempre di tutti e di nessuno, e il guaio è che proprio per queste responsabilità senza nome le buone intenzioni vengono sacrificate.

A Como per la verità qualcosa si è mosso, è stato approvato il regolamento delle sponsorizzazioni che consente un più agile rapporto di collaborazione tra privati e pubblico. Grazie a questa nuova norma si potranno sistemare zone e monumenti.

Già tanto è stato fatto grazie ai privati, la passeggiata del lungolago degli Amici di Como che hanno cominciato proprio in questi giorni anche a restaurare le fontane di piazza Cavour, il faro di Brunate i cui restauri sono stati approvati di recente, sono solo due esempi.

Ma a fianco di questi non si riesce a dimenticare il “caso” Zambrotta che per eccesso di generosità nei confronti della città venne multato per occupazione di suolo pubblico quando si cimentò nella sistemazione della passeggiata, e ancora di per Como Pulita che faticò non poco ad avere un magazzino e un contributo per le vernici.

Tutto è fatica, tutto sembra fatto apposta per ostacolare chi vuole dare una mano provenendo dalla “società civile”.

Gli stessi amministratori comunali spesso, non sempre, non possono che inchinarsi alla burocrazia. L’assessore alla cultura Luigi Cavadini ha spiegato proprio a proposito di interventi come quello sulle statue di Villa Olmo che i passaggi per arrivare all’ok all’intervento sono almeno cinque, o giù di lì. Il privato contatta il Comune esprimendo il desiderio di aiutarlo, il Comune valuta la proposta e deve garantire come fosse esso stesso a compiere il restauro che l’intervento venga fatto come si deve, poi l’ente pubblico (il Comune) deve chiedere alla Sovrintendenza se l’intervento proposto dal privato è adeguato e questo è assolutamente legittimo, la Sovrintendenza deve dare a sua volta l’ok al progetto in questione, un nullaosta che, in base alla complessità dell’intervento, può richiedere anche mesi di indagini e quindi mesi di attesa prima di poter dare il permesso al privato di intervenire. Passaggi questi che ormai, ahimé, sono considerati dagli amministratori “normali”. E quindi non c’è speranza? No, la speranza c’è ed è concreta visto che qualcosa di concreto, in realtà molto più di qualcosa, poi si realizza proprio grazie ai privati. Ma bisogna fare attenzione a non sbandare e a non distrarsi. Gli esempi di burocrazia-remora sono troppi e i privati sono abituati a ben altre velocità, quando non le trovano di stufano e mollano. Como deve essere come un amore, tenerlo vivo negli anni è difficile, c’è sempre la tentazione di darlo per scontato. Mai dare per scontata la voglia di fare dei privati e la loro prontezza a collaborare. Visto che adesso c’è, va tenuta stretta, nutrita con la velocità di risposta da cercare ad ogni costo.

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