Le ingiustizie dell’italia
e la domanda del Papa

Risulta suggestivo l’appello che Papa Francesco ha rivolto ricevendo, venerdì 6 maggio, il Premio Internazionale Carlo Magno 2016: “Europa, cosa ti è successo?”. Benché Bergoglio facesse riferimento al tema degli immigrati, l’interrogativo finisce per investire la profonda mutazione identitaria del Vecchio Continente che non ha risparmiato nessuno, Italia compresa. Gli esempi potrebbero essere tanti. Si ponga mente a queste due notizie che, intrecciandosi, risultano paradigmatiche. Secondo il quotidiano francese “Le Monde”, l’Italia è una “bomba ad orologeria” perché, a causa di una crescita troppo lenta, continua ad aumentare la percentuale dei crediti deteriorati, oggi pari a 200 miliardi di Euro, cioè quattro volte la media europea. Poi, si ponga mente ai risultati della ricerca annuale della Uilca che ha per oggetto i compensi dei manager bancari. Malgrado la crisi del sistema bancario, gli stipendi corrisposti al top management risulterebbero 57 volte superiori a quelli dei dipendenti. Non solo. Malgrado i risultati catastrofici, nell’ultimo anno i manager hanno goduto di un aumento della componente “fissa” dei propri emolumenti. Questo è solo uno degli innumerevoli esempi delle disuguaglianze che affliggono il nostro paese da cui sarebbe utile partire per rispondere alla domanda di Papa Francesco. Le statistiche parlano chiaro. In Italia, l’1 per cento più ricco possiede il 23,4 per cento della ricchezza nazionale che é pari a 39 volte quella detenuta dal 20 per cento più povero (Aldo Bonomi, Il Sole 24 Ore, 27 aprile). Nel nostro paese continua ad estendersi l’area del disagio sociale e dell’indigenza: ci sono ben 4 milioni di poveri tra cui figurano i cosiddetti “neet” (”Not in Education, Employment or Training”), cioè giovani senza speranza che, dopo aver finito gli studi, hanno perfino smesso di cercare lavoro. Poi c’è la cosiddetta “generation rent” che si compone di giovani per i quali la casa di proprietà resta una pia illusione: vivranno in affitto (“rent”) per l’intera vita o almeno fino a quando non potranno godere di un lascito dei genitori. La verità è che stiamo diventando un paese sempre più povero nell’assoluta indifferenza di quella parte ricca della società che, pur essendo minoritaria, dispone delle risorse necessarie per incidere in modo preponderante sui processi decisionali e sulla gerarchia degli interessi da tutelare. La domanda di Bergoglio risulta indigesta perché è un atto di accusa contro quell’egemonia culturale che ritiene legittime le infinite forme di disuguaglianza esistenti nelle società occidentali. In questo senso, le parole del papa risultano alquanto scomode per le classi dominanti perchè sono come una scossa a questa sorta di assuefazione di massa alle sperequazioni sociali. Potrà apparire paradossale ma, davanti all’immobilismo dell’Occidente che sembra accettare le ingiustizie come una traiettoria ineluttabile della Storia, Bergoglio rappresenta una spinta innovativa destinata a circolare nelle vene delle nostre società affrancandole dalla rassegnazione e dal fatalismo. Guadagnare 57 volte di più di una persona normale è il segno di un corto circuito, tanto ingiusto quanto inaccettabile, che finisce per rendere sempre attuale una celebre battuta di Petrolini: “conviene sempre colpire i poveri perché hanno poco ma sono tanti”.

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