L’illusione dei posti
di lavoro virtuali

Era sempre stato un paradosso, uno dei molti presenti in Italia: tanti, poi tantissimi senza lavoro da una parte e dall’altra invece le aziende che cercavano lavoratori soprattutto specializzati e non riuscivano a trovarli.

Ma la crisi infinita ha “giustiziato” anche questa incongruenza. Infatti ora emerge che, a fronte di un esercito di oltre 3 milioni di disoccupati i posti di lavoro liberi, messi in palio dalle imprese, sono vicini ai minimi storici, scesi a una soglia che risulta tra le più basse in Europa. Nel secondo trimestre dell’anno, infatti, il tasso dei cosiddetti posti vacanti è fermo allo 0,5% contro l’1,6% della media dell’Unione a 28, ci collochiamo infatti tra le ultime posizioni, molto lontani da Paesi come Germania (2,8%), Belgio (2,4%) o Regno Unito (2,3%), tanto che farebbe peggio di noi solo la Lettonia (0,4%). Un confronto messo nero su bianco da Eurostat, anche se va sottolineato - e potrebbe non essere un dato trascurabile - che incidono alcune differenze metodologiche nella copertura: in Italia ad esempi sono escluse le aziende sotto i dieci dipendenti e la Pubblica Amministrazione.

Al di là dei possibili aggiustamenti , arriva di certo un altro segnale che la dice lunga sulla situazione del mercato del lavoro italiano. Un mercato che, stando agli ultimi dati, assomiglia piuttosto a un sistema chiuso. D’altra parte prima che uscissero le tavole di Eurostat sul confronto in Ue, già a metà settembre l’Istat aveva reso noto lo 0,5% relativo, appunto, ad aprile-giugno. Un tasso invariato sia rispetto al trimestre precedente che a quello corrispondente del 2013. E soprattutto a un passo dal minimo storico toccato dall’Italia (0,4%), che comunque non si è mai portata oltre lo 0,8%. Lo stesso Istat in occasione dell’ultima nota mensile aveva parlato di un tasso di posti vacanti fermo «su livelli molto bassi, a sottolineare la prolungata scarsità di posti di lavoro disponibili che sembra divenire una caratteristica strutturale».

Anche perché il tasso, misurando le intenzioni di assunzione, si qualifica come un indice anticipatore, in grado di far capire come si evolverà l’occupazione. Nonostante il suo potenziale, almeno finora, il tasso di posti vacanti non ha appassionato il dibattito. La rilevazione in Italia è partita nel 2010, quando la crisi aveva già fatto danni, ma è sempre stata offuscata dalle altre indagini sul lavoro. Eppure con questa statistica l’Istat va a sondare le ricerche di personale (quante se ne fanno ogni 100 posizioni occupate o disponibili), chiedendo direttamente al datore di lavoro. Il risultato sono così le posizioni per cui è in corso la “caccia” per trovare il candidato giusto. La persona da prendere in sostituzione di chi va via o da inserire in un nuovo posto, appena creato. Due circostanze che faticano a realizzarsi in un sistema dove i requisiti per l’accesso alla pensione si sono inaspriti e dove la recessione non ha allentato la presa.

Ma il dato resta purtroppo significativo e anche prendendo pure le amministrazioni o le aziende fino a 10 dipendenti, i posti liberi sono solo 40 mila. E anche questo la dice lunga sulla possibilità a breve che il mercato del lavoro dia qualche segnale di vita.

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