Menaggio, l’ospedale e il silenzio di Como

Ci vorrebbe l’ugola di Albano per cantarle come di dovere al presidente della Regione Maroni e al suo progetto di dividere il lago di Como in tre parti. Un piano già messo in atto con i nuovi ambiti della sanità lombarda che dal primo gennaio hanno rivoluzionato la geografia spostando il Centro Lago, Menaggio e il suo ospedale, oltre a tutto l’Alto lago dalla provincia di Como a quella di Sondrio.

Davanti a questa strategia che punta evidentemente a ridimensionare Como ci sarebbe da aspettarsi un coro di indignazione e proteste concrete e invece i lariani se ne stanno zitti zitti. Anzi, qualcuno è complice.

Alcuni sembrano sotto anestesia, non sentono più niente. Altri sono improvvisamente diventati afoni. Qualcuno ha indossato la maglietta con la scritta “non disturbate il manovratore” e qualcun altro addirittura spiana la strada al nulla che avanza. Insomma, abbiamo perso un ospedale e non ce ne siamo nemmeno accorti.

Proprio in questi giorni i dirigenti del Sant’Anna hanno salutato quelli menaggini che a loro volta hanno ricevuto la visita dei valtellinesi. Una bandiera (Como) è stata tolta e sostituita con un’altra (Sondrio).

Come è potuto accadere? Abbiamo parlamentari, consiglieri regionali, sindaci e quant’altro eppure tutto è filato via come niente. Almeno una volta il Comitato per la Regina organizzava vistose manifestazioni con cortei che dall’Alto lago arrivavano fino a Como. Sull’ospedale di Menaggio invece solo timidi, educati dissensi.

Al Pirellone ci sono addirittura due consiglieri regionali e pare che entrambi abbiamo sostenuto lo smembramento di Menaggio da Como in favore di Sondrio. Possibile? Le cronache raccontano che si siano anche dati da fare per promuovere l’operazione tra i sindaci del territorio che hanno firmato in massa a favore della proposta. Salvo poi rendersi conto che era quella che a Roma chiamano una sòla.

Tra la popolazione e nelle comunità locali del territorio serpeggia il malumore e cova un certo risentimento per questa fregatura. Come definirla altrimenti se basta fare Google Maps per scoprire che Menaggio dista 36 chilometri da Como e ben 71 da Sondrio?

Dicono che sono state offerte tutte le garanzie sui servizi ospedalieri e che anzi ci sarà da guadagnare per le tutele che saranno riconosciute alla “sanità della montagna”. Sarà ma come spiegare ai cittadini di Menaggio e del Centro e Alto lago che le nuove aziende sanitarie territoriali non si occupano solo degli ospedali ma anche di assistenza ai disabili e di assistenza domiciliare? Chi ha bisogno di questi servizi invece di rivolgersi a Menaggio o a Como ora deve andare fino a Sondrio.

Il dissenso del territorio è sempre più forte contro questo scippo e la Regione cerca di dare rassicurazioni spiegando che entro sei mesi si farà una verifica e nel caso si potrà tornare indietro.

Per questo è necessario che i comaschi - dalla città a Gravedona - si facciano sentire. Ben oltre le flebili voci uscite dall’incontro di ottobre a Menaggio quando fu espressa tutta la preoccupazione per quanto si stava per commettere. E andrebbe ascoltato maggiormente il grido di rabbia del sindaco menaggino Valsecchi che venerdì al nostro giornale ha urlato «Noi non siamo valtellinesi». Finora solo i sindacati Cgil, Cisl e Uil si sono ufficialmente opposti allo scippo dell’ospedale di Menaggio. E il 18 gennaio si sono aggiunti medici, farmacisti, infermieri, veterinari e i gli addetti alla sanità. Tutti contrari. E a chiedersi il senso di questo smembramento.

Un grande del lago, Basilio Luoni, ha detto a “La Provincia” che la proposta di dividere il lago gli sembra una barzelletta. Anzi una follia. Como svegliati. Davvero hai bisogno della voce di Albano per farlo sentire forte a Maroni e a tutto il Pirellone.

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