Se anche ai giudici
manca Berlusconi

Cominciamo dal pasticcio al veleno della Procura di Milano, ossia dal la lotta senza quartiere tra il capo Edmondo Bruti Liberati e il suo vice Alfredo Robledo, culminata nella destituzione di quest’ultimo dall’ufficio che si occupa di casi di corruzione. Una faida su cui il Csm finora non è riuscito a prendere una decisione. Faida di palazzo che va avanti nella diffusa indifferenza dei più: non ci sono davanti al palazzo che fu di Mani Pulite né sostenitori né detrattori, niente cartelli e nemmeno gente col megafono. Insomma, se la vedano un po’ loro.

E poi, rivolgendo di passaggio un pensiero ad Antonio Di Pietro ormai definitivamente sparito e probabilmente alle prese con un trattore sui suoi campi molisani, andiamo fino a Napoli per parlare delle disgrazie di uno che provò ad imitare il più famoso pm d’Italia. Ci riferiamo a Luigi De Magistris, detto “Giggino ‘a manetta”, che prova a restare attaccato alla poltrona di sindaco di Napoli da cui la legge Severino lo vuole sospendere per via di una condanna penale in primo grado che gli è stata inflitta: una condanna per aver agito illegalmente nel corso dell’inchiesta cosiddetta “Why not” che fece tremare Roma, rovinò Clemente Mastella e portò alla caduta del governo Prodi. Da Bruti Liberati a De Magistris: simboli a terra.

Che è successo? Come mai i giudici che furono i samurai della lotta al malcostume della classe dirigente, così incoraggiati da cori ed applausi da montarsi la testa e credere davvero di sostituire la politica, come mai oggi ci appaiono comuni mortali con i loro difetti e i loro errori? E’ successo che ai giudici manca ormai il Grande Nemico contro il quale si sono scagliati per un ventennio, riuscendo alla fine, dopo tanto provare, a metterlo in un angolo giudiziario. Insomma, ci siamo capiti: come ai comici, ai vetero-comunisti, al “Fatto”, ai Travaglio-Santoro-Saviano, manca tanto Berlusconi, un uomo che ha motivato la vita e le carriere tanto degli estimatori quanto – forse soprattutto – dei nemici.

Ora. i nemici più titolati, i giudici, la battaglia l’hanno vinta, come sappiamo: certo, l’ex Cavaliere ancora pensa che si potrà ricandidare a palazzo Chigi al prossimo giro, ma chissà se ci crede davvero quando lo dice. Il quasi ottantenne Silvio è il primo a sapere che la sua stagione politica volge al termine e va amministrata per quello che si può. Il punto però è che senza questo magnete che ha ipnotizzato amici e nemici sin dal lontano 1994, anche i giudici sembrano dei re nudi: litigano, sbagliano anche clamorosamente senza che in automatico i giornali e gli intellettuali corrano in loro soccorso, e poi si attaccano alle poltrone con parole, toh!, berlusconiane: «la sentenza che mi riguarda è ingiusta, è una persecuzione, non io ma i miei giudici dovrebbero dimettersi» si è lamentato il pur l’inflessibile de Magistris, quello che ha messo sotto torchio mezzo mondo ma che pare, almeno secondo Filippo Facci che ha fatto i conti, non sia mai riuscito a vincere una causa.

E sapete qual è il massimo dello scorno per i giudici oggi? Che c’è a Roma un presidente del consiglio, capo del partito – fino a prova contraria – della sinistra italiana che non li tratta più con i guanti. Che anzi gli vuole ridurre le ferie, gli stipendi, i poteri, che si permette di dire che anche loro, quando sbagliano, devono pagare e che probabilmente, in qualche angolo del cervello medita la vituperatissima divisione delle carriere che tanto sarebbe piaciuta a Berlusconi. E se anche mettesse in pratica tutto quel che ha in testa, difficilmente oggigiorno si scatenerebbero i girotondi “giù le mani dalla magistratura!” che pure negli anni passati allietavano quasi ogni pomeriggio di Milano o di qualunque altra città italiana. Ma allora, appunto, c’era l’Arcinemico in campo. E c’era una sinistra politico-editoriale giustizialista che si schierava senza un tentennamento a difesa delle procure. Oggi c’è il PD di Renzi: uno che non ha né il conflitto di interessi (per quanto lo cerchino) e nemmeno dell’Utri come compagno di merende. Che sia l’inizio della normalità?

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