Spending review
Il governo non ha alibi

Dopo decenni di tagli lineari alla spesa pubblica, il primo a indicare la necessità di operare tagli selettivi fu il compianto Ministro del Tesoro Tommaso Padoa Schioppa che, a tale scopo, nominò un’apposita commissione. La fine del governo Prodi non impedì alla commissione di rassegnare una dettagliata relazione, il cui contenuto non è mai stato reso noto. Alcune indiscrezioni, apparse sui quotidiani dell’epoca, indicavano in circa 60 miliardi di euro le spese individuate come inutili o come ingiustificati privilegi. Quello che si sa è che a quella relazione non fu dato alcun peso dal Ministro subentrante, il prof. Tremonti, che per la legge finanziaria fece ricorso ai consueti tagli lineari.

Dopo il governo Berlusconi, quello presieduto da Mario Monti assunse l’impegno di riprendere il cammino della spending review. Fu prevista la nomina di un Commissario che, nel termine di un anno, avrebbe dovuto promuovere un riordino di carattere strutturale della spesa, introducendo criteri permanenti di gestione basati su costi e fabbisogni standard. In realtà, fu solo il successivo governo Letta, nell’ottobre 2013, a decidere la nomina a Commissario per la spending review di Carlo Cottarelli, direttore del dipartimento di finanza pubblica del Fmi.

Nei giorni scorsi si è diffusamente parlato di contrasti con il governo, che sarebbe stato accusato da Cottarelli di aver utilizzato risparmi di spesa per sostenerne altre e non per realizzare riduzioni di imposte. Per il momento, non si hanno elementi sufficienti per comprendere come ciò possa essere realizzato. Si sa solo, ad esempio, che nel decreto “sblocca Italia” potrà essere inserito un anticipo del piano previsto da Cottarelli per la dismissione delle partecipate pubbliche, che da 8.000 dovrebbero ridursi a non più di mille. I Comuni sarebbero incentivati a vendere le loro partecipazioni perché le risorse ricavate potrebbero essere spese in più esercizi, anche oltrepassando i vincoli del patto di stabilità. Circa i risparmi di spesa necessari per il varo della manovra finanziaria, sembra che Cottarelli li abbia indicati, ma spetterà al governo il non facile compito di realizzarli. Del resto, che tra il dire e il fare ci sia di mezzo il mare lo dimostrano alcune vicende. Emblematica è quella riguardante il Consip, società costituita per la razionalizzazione della spesa pubblica, destinata a centralizzare, le spese per beni e servizi di Ministeri ed Enti locali. È stato calcolato che, se tutte le amministrazioni pubbliche si adeguassero ai prezzi spuntati dal Consip vi sarebbero, in solo colpo, risparmi per circa 2,6 miliardi di euro.

In realtà, la previsione formulata da Cottarelli di ridurre drasticamente gli attuali 30 mila centri di acquisto stenta a realizzarsi per la resistenza di molti enti locali. Va considerato, peraltro, che su 31 miliardi di spesa complessivi la Consip ha convenzioni attive solo per 30 miliardi che, secondo Cottarelli, potrebbero salire in breve tempo fino a 88 miliardi, determinando ulteriori consistenti e duraturi risparmi. Trasferire queste indicazioni tecniche in conseguenti concreti provvedimenti politici, in questo come in tanti altri casi spetta al governo. Sarà, quindi, assai difficile per l’esecutivo giustificare sue eventuali inadempienze.

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