Tra noi e i profughi
realismo e umanità

L’appello di Roberto Bernasconi, responsabile della Caritas diocesana (ne parliamo a pag. 9) arriva in un momento molto difficile per il nostro Paese, sul quale ricade il peso della gestione di migliaia di profughi in fuga chi dalla guerra e chi, più semplicemente, dalla povertà. Il richiamo di Bernasconi - che chiede a tutti di fare di più, rivolgendosi anche a quei parroci che ancora, dice, non hanno aperto come dovrebbero le loro comunità - può essere un’occasione ghiotta per ragionare con equilibrio su quello che ciascuno di noi può e deve fare, e su quello che invece non potremo mai fare.

Il primo passo per sperare di ottenere risposte serie - di cui per ora non c’è traccia -, è quello di sgomberare una volta per tutte il campo dalle posizioni più estreme: mai, prima d’ora, altri argomenti si erano prestati tanto bene a una strumentalizzazione sistematica,ed efficacissima, se è vero, come è vero, che oggi il tema dell’accoglienza si declina quasi esclusivamente a fini propagandistici. Le ruspe portano voti, gli immigrati ladri e stupratori spopolano sui social (la vera cloaca della società moderna), la scabbia ci ammazzerà tutti quanti.

Dall’altra parte della barricata ci sono i titolari di cuori d’oro, anche loro - guarda caso - attivissimi su Facebook: gente convinta, a parole, che ci sia davvero posto per tutti, e che dove si mangia in due si mangia anche in tre (il che è sacrosanto, ma in genere vale sempre per le case degli altri).

Il dibattito è condito, di solito, con dosi massicce di isterismo, lo stesso che guida l’Occidente da quando il mondo ha scoperto il califfato nero, i tagliagole, le nefandezze più o meno riferibili con cui l’Isis governa Raqqa e le (poche) altre province siriane e irachene di cui è riuscito a impossessarsi. Isteriche e improvvisate sono state le reazioni degli americani quando si è trattato di salvare gli Yazidi in fuga dalla furia integralista, isteriche e improvvisate le scelte del nostro parlamento quando si trattò di regalare ai curdi un migliaio di kalashnikov abbandonati in qualche magazzino del sud, isteriche le invocazioni alla gassificazione di massa - e però selettiva, non si capisce bene come - all’indomani della pubblicazione dell’ennesimo granguignolesco filmino made in Siria.

La verità è che il nostro Paese ha le risorse per raccogliere l’invito all’accoglienza che papa Francesco non smette di reiterare. E qualcosa in più può e deve fare. Intanto perché non è vero che sono tutti delinquenti: tra le migliaia di persone che approdano ogni giorno sulle nostre coste si annidano pochissimi violenti - dei quali si finisce inevitabilmente a parlare più spesso - e una maggioranza silenziosa di madri e padri, il cui unico obiettivo è quello di ricostruirsi una vita. Il nuovo procuratore della Repubblica di Como Nicola Piacente (arriverà a novembre), uno che a Genova si è occupato soprattutto di terrorismo internazionale e fondamentalismo, dice che «è insensato pensare che un’organizzazione leghi la riuscita d’uno o più attacchi a viaggi così precari».

Dalle isole greche, la scorsa settimana, migliaia di foto hanno intasato i pc delle redazioni dei giornali: ritraevano solo famiglie, mamme e papà stanchi e composti, e bambini ubbidienti e disorientati, con uno zainetto sulle spalle per contenere un orsetto, una merendina, una bottiglietta d’acqua. Non è buonismo. È che, piaccia o meno, avevano le facce dei nostri figli in gita sul Generoso. È escluso che il nostro paese possa dare asilo a tutti. E non avrebbe neppure senso (tanto più che siamo famosi dappertutto, e anche un siriano, potendo, sceglierebbe altre destinazioni). E però è giusto che ci si metta in moto, smettendo di delegare la gestione dell’emergenza soltanto ai soliti noti, ai “buonisti” della Caritas, ai sacerdoti e ai pochi che si danno da fare. È ora che ci metta il naso anche lo Stato, spiegandoci una volta per tutte cosa si può e cosa non si può fare, e magari smettendo di giocare a ping pong con gli immigrati al confine di Ventimiglia (che i tra l’altro vincono sempre i francesi). Servirà non altro a ristabilire un primato di civiltà. Altrimenti, tra “noi” e “loro”, tra noi e quelli che bombardano i mercati con le mamme e i bambini che fanno la spesa, continuerà a esserci poca, pochissima differenza.

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