Il ragazzino precipitato resta gravissimo
L’istruttore: «Il parkour non è un gioco»

Il sedicenne ha un politrauma ed è nel reparto di terapia intensiva del Sant’Anna

Rimangono molto gravi le condizioni del ragazzo di 16 anni di Mariano, caduto venerdì pomeriggio dal tetto di un capannone industriale in via Sant’Ambrogio, mentre faceva parkour.È ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Sant’Anna di Como, dove i medici stanno valutando la gravità del politrauma subito.

L’episodio ha colpito l’opinione pubblica e portato alla ribalta il parkour e i suoi pericoli. «Non voglio entrare nel caso specifico, anche perché non conosco perfettamente la dinamica di quello che è successo, ma mi preme sottolineare, con forza, che il parkour va affrontato in massima sicurezza e da persone che abbiano un’adeguata preparazione fisica. E soprattutto mai fuori da una palestra, in un centro abitato». A parlare è Sergio Loi, 62 anni, da una vita istruttore di ginnastica, oltre che professore di educazione fisica, direttore tecnico della Gioy, proprietaria della palestra di Albese. Dove, da almeno 5 anni, si insegna il parkour. «Quello vero -dice -.Purtroppo i video che girano su internet, raccontano qualcosa di diverso, più vicino agli stuntman. Anche loro però, prima di eseguire i loro esercizi, prendono tutte le precauzioni, come dei materassi per attutire le eventuali cadute». La federazione ginnastica ha introdotto questa disciplina e a livello internazionale si preme anche per un inserimento nel programma olimpico. «Ovviamente viene praticata in palestra -dice Loi -, dove, con l’uso di materassi ed altri attrezzi, si riproducono gli ostacoli naturali o urbani di un ambiente metropolitano. Nella massima sicurezza»

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