Iryna corre verso la guerra
«Qui per salvare mia figlia»

Diciottenne comasca bloccata in Ucraina, la madre corre a prendere lei e altri due ragazzi: «Situazione critica»

Iryna è corsa in braccio alla guerra. Mentre tutti fuggivano, questa madre nata in Ucraina, ma che ha vissuto metà della propria esistenza in Italia dov’è nata sua figlia, ha risalito per quattro giorni la corrente dei profughi per poter abbracciare Alessia, rimasta bloccata dall'invasione russa mentre si trovava a casa dei nonni.

«Non potevo starmene con le mani in mano - ci racconta, al telefono da Dnipro, terza città dell’Ucraina a pochi chilometri dal Donbass, nel sudest del Paese - E così domenica mattina sono partita per riportare a casa mia figlia».

Di Iryna Viter e di Alessia abbiamo già parlato, nei giorni scorsi. Rilanciando l'appello disperato quando, esattamente una settimana fa, la donna - che vive ad Alserio e lavora ad Alzate Brianza - aveva perso i contatti con la figlia. Grazie all’inviata a Dnipro de La Stampa, Monica Perosino, eravamo riusciti a rimetterla in contatto con Alessia restituendo un sospiro di sollievo, dopo tre giorni di angoscia. Ma consentire al questa ragazza comasca diciottenne di fuggire lontana dai bombardamenti di Putin, si è dimostrata impresa ben più ardua. Nonostante i contatti tra Iryna e la Farnesina, anche per il tramite della deputata comasca Chiara Braga.

«Non sono riuscita a ottenere alcuna garanzia sulla sua salvezza - racconta la signora Viter - per questo domenica ho deciso di partire io stessa per l’Ucraina». Da Venezia è salita su un pullman diretto verso i confini con il Paese assediato dall’aggressione russa: «Un viaggio infinito - dice, ripercorrendo gli ultimi giorni - Passato il confine per raggiungere Dnipro avrò cambiato una trentina di auto, chiedendo passaggi e facendo tantissime piccole tappe» di avvicinamento verso la città dov’era la figlia.

Dalla Moldavia a Dnipro ci sono oltre seicento chilometri da percorre. Lungo strade che, ad un certo punto, si riempiono di check point, posti di blocco per verificare chi può e chi non può passare oltre.

E proprio mentre era quasi giunta alla meta, a uno di quei check point Iryna Viter e il suo passaporto italiano sono state bloccate dall’esercito ucraino: «Non volevano farmi passare, ho fatto fatica a convincerli che sono ucraina. I miei genitori hanno dovuto raggiungermi per aiutarmi a convincerli».

Il viaggio di andata di questa madre-coraggio è terminato ieri mattina, con l’abbraccio ad Alessia.

«Lei sta bene, anche se è un po’ abbattuta - prosegue la donna - Ogni due ore qui suonano le sirene degli allarmi bombardamenti e bisogna andare nei bunker». Fortunatamente Dnipro è una delle poche città ucraine che non è stata colpita dai bombardamenti russi: «Ma qui dicono che presto cambierà tutto, che sta per accadere qualcosa di molto grave. Quindi bisogna scappare dalla città quanto prima».

L’ambasciata italiana in Ucraina, che si è trasferita a Leopoli una decina di giorni fa, ieri si è messa in contatto con Iryna per cercare di organizzare il rientro verso Como: «Io comunque sto cercando anche di organizzarmi in modo parallelo, il primo canale che si apre ovviamente lo prendiamo per andarcene il più presto possibile».

Nell’arco di un mese la signora Viter ha visto il suo Paese letteralmente stravolto, irriconoscibile. «Ieri - mercoledì ndr - quando mi trasferivo da una città all’altra, ho visto che si stanno preparando blocchi anticarro non soltanto sulle strade ma anche attraverso i campi» per riuscire a fermare l’avanzata russa. Nel frattempo ci sono volontari che continuano a fare la spola tra le città e i confini con la Moldavia o la Polonia: pullmini e auto che partono cariche e ritornano vuote: «Ma la coda verso Ovest dicono che sia molto diminuita - prosegue Iryna Viter - Molti sono già fuggiti». Molti, ma non certo tutti.

Rimangono, ad esempio, gli uomini. Ma non solo. La mamma di Alessia racconta: «Tornerò in Italia non solo con mia figlia, ma anche con i miei genitori e con le figlie di una mia carissima amica d’infanzia». Due ragazze di 15 e di 19 anni. E i genitori? Loro no, loro restano a Dnipro: «Il marito della mia amica si è arruolato. E lei non vuole lasciarlo». Le due ragazze andranno così vivere ad Alserio con Iryna e Alessia: «Staranno con noi, assolutamente. Non le lascio da nessun’altra parte».

Nella speranza che i tempi di evacuazione si facciano brevi, il pensiero inevitabilmente corre a quando le due ragazze saranno in salvo: «Partiamo ovviamente con una borsa e nient’altro. Quindi quando arriveranno avranno bisogno di vestiti, di indumenti personali... ma ci penseremo in quel momento» confidando anche nella generosità dei comaschi, che si stanno mobilitando in modo massiccio per aiutare un popolo in fuga. «Ora vado - saluta Iryna Viter - dobbiamo organizzare la partenza». Ovvero la fuga, questa volta lontani dalla guerra maledetta di Putin.

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