Rumi chiede al Sant'Anna
un milione e mezzo di euro

Attesa per giovedì la sentenza nella causa di lavoro che vede contrapposti l'ospedale e il suo ex chirurgo, tuttora dipendente (e stipendiato) di via Napoleona. Il medico, a dispetto di quel «colpevole» scritto in una sentenza, ha avviato una vertenza perché convinto di essere vittima di un'interminabile serie nei suoi confronti

COMO - Con un milione e 600 mila euro il Sant'Anna potrebbe comprare i ventilatori per la terapia intensiva, per l'anestesia e per il reparto di patologia neonatale del nuovo ospedale: Iva inclusa. In alternativa: con quella cifra da via Napoleona potrebbe partire l'ordine di pagamento per coprire, quasi per intero, il costo per la fornitura biennale di defibrillatori salvavita da mettere in tutti i reparti. Un milione e 600mila euro, dopotutto, è una cifra importante anche per un ospedale il cui bilancio supera di slancio i 300 milioni all'anno. Una cifra che, euro in più o euro in meno, è congelata da oltre un anno sui conti bancari dell'ospedale. Il motivo? La sanguinosa causa di lavoro con la quale l'ex primario della scomparsa Chirurgia A del Sant'Anna, quell'Angelo Rumi già condannato in primo grado per l'omicidio colposo di sette suoi pazienti, ha portato il proprio datore di lavoro in tribunale. E per la quale i vertici amministrativi di via Napoleona sono stati costretti a tirare la cinghia, accantonando a bilancio la cifra di tutto rispetto di 1,6 milioni di euro. Sia chiaro: non che le apparecchiature sopra elencate, essenziali per l'attività del principale ospedale cittadino, non possano essere comprate (anzi: i bandi d'appalto sono regolarmente pubblicati) per colpa di questa causa, ma di certo qualche piccola magia i contabili del Sant'Anna sono stati costretti a farla, per non rischiare di ritrovarsi con un improvviso debito milionario. Il congelamento di questo tesoretto dovrebbe durare almeno fino a giovedì prossimo, quando cioè il giudice Barbara Cao dovrebbe emettere la sentenza nella causa di lavoro che vede contrapposti l'ospedale e il suo ex chirurgo, tuttora dipendente (e stipendiato, pur se con percentuali ridotte) di via Napoleona. Angelo Rumi, a dispetto di quel «colpevole» scritto in una sentenza, accanto all'accusa di aver mosso il suo bisturi con negligenza, imperizia e imprudenza causando in tal modo la morte di sette pazienti passati dal suo tavolo operatorio, ha fatto causa al suo datore di lavoro perché convinto di essere vittima di un'interminabile serie di (costose) ingiustizie nei suoi confronti.

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