Enti locali, traballano le cadreghe
Consiglieri e assessori a rischio

Consiglio comunale più piccolo e consiglio provinciale sempre uguale, ma sia a Palazzo Cernezzi che a Villa Saporiti le giunte saranno più snelle, dalla prossima legislatura: lo impone il “pacchetto Calderoli”, il maxi emendamento recepito nella Finanziaria 2010, approvato in Commissione Bilancio alla Camera

COMO - Consiglio comunale più piccolo e consiglio provinciale sempre uguale, ma sia a Palazzo Cernezzi che a Villa Saporiti le giunte saranno più snelle, dalla prossima legislatura: lo impone il “pacchetto Calderoli”, il maxi emendamento recepito nella Finanziaria 2010, approvato in Commissione Bilancio alla Camera, ora in Aula.
Sempre i Comuni, sempre le Province a pagare per risanare i dissestati conti pubblici: è l’osservazione del cittadino qualunque, in concomitanza con le informazioni sui vantaggi del federalismo, il quale rischia di arrivare e trovare casse e poltrone vuote.

In attesa del federalismo di sostanza, quello fiscale, forse stavolta è quella buona per la “dieta” negli enti locali: a Como, i consiglieri comunali scenderanno da 40 a 32 e gli assessori da 9 a 8. Finora, la giunta avrebbe potuto arrivare fino a 10 componenti, ma di fatto il “pacchetto Calderoli” stabilisce un esponente dell’esecutivo ogni quattro consiglieri comunali. E potrebbe essere ancora più drastica la riduzione dei consiglieri, 24. Sarebbero 32, perché Como è capoluogo di provincia: un’interpretazione in attesa di conferma. Ma di sicuro, dall’aula consiliare dovranno essere tolte sedie e la competizione elettorale tra candidati in lista si farà ancora più aspra. Già si stanno facendo i conti sui risparmi di spesa: ogni consigliere percepisce circa 4.000 euro l’anno in gettoni di presenza. Non è questo che manda in fallimento il Comune, ma i risparmi vanno moltiplicati per tutti i Comuni d’Italia. E la norma dice che dev’essere tagliato il 20% dei consiglieri comunali, con la conseguente riduzione degli assessori che non potranno più essere uno ogni tre consiglieri, come ora, a Palazzo Cernezzi. In consiglio provinciale, le poltrone erano trenta e rimangono trenta. Non si sa perché non siano state toccate e sono le uniche neppure sfiorate dalle forbici del Governo. Respinto il tentativo di abolire le province, le assemblee continuano tali e quali e ogni area del nostro territorio continuerà ad essere rappresentata a Villa Saporiti.

La giunta, però, si assottiglia e gli assessori di via Borgovico dovrebbero scendere a sei. Per questo, è verosimile che nei partiti le trattative sui designati all’esecutivo si faranno più intense e la gara più serrata. Ma la cura dimagrante non risparmia neppure i consigli di circoscrizione. Sui parlamentino di quartiere, è passato un vero e proprio colpo di spugna: non saranno più né l’anticamera del consiglio comunale, né gli esordi di carriere politiche, né il riferimento più vicino per la gente. Il risparmio, a Como, potrebbe essere di 600.000 euro l’anno e chissà se il Comune organizzerà uffici periferici, ma non è un problema di domani mattina. Dopo le elezioni amministrative, entrerà il vigore il nuovo ordinamento. Ma dovrebbe essere imminente la soppressione del difensore civico provinciale: dapprima, sembrava che dovesse assumere le funzioni dei difensori civici comunali. Invece, è la figura del difensore abolita e dal primo gennaio, secondo le disposizioni in via di approvazione. Aboliti anche i city manager o direttori generali dei Comuni; tagliate le indennità dei segretari generali che svolgono pure funzioni di direttore, ma le interpretazioni sul punto sono controverse. Messi ancora peggio i piccoli Comuni, inferiori ai 3.000 abitanti, come tanti che costellano la provincia di Como: possono rinunciare a tre assessori consentiti finora ed affidare deleghe a due consiglieri.
I “sacrifici” erano comunque attesi da tempo, preannunciati più volte e preceduti dalla scure sui consigli d’amministrazione delle società pubbliche e a partecipazione pubblica, con la contestuale riduzione degli emolumenti.
Maria Castelli

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