Caradonna: "Minacciato
E mi sono dimesso"

L’ex vicesindaco rompe per la prima volta il silenzio. Ecco il testo integrale dell'intervista che ha rilasciato a "La Provincia". «Sì, il Comune un po’ mi manca», dice. E sulle paratie ammette: «Errori di sottovalutazione, ma avrei potuto risolverli. Credo in quel progetto»

Caradonna un mese e poco più di addio burrascoso. Chi è oggi, Fulvio Caradonna e cosa fa?
Fulvio Caradonna è sempre Fulvio Caradonna. Adesso sicuramente lavoro di più, ho dei tempi più umani rispetto a prima. Non so cosa farò in futuro. Differentemente da altri che mi hanno preceduto ho un lavoro. Il problema era che prima non avevo il tempo umano di stare cinque minuti in casa o con gli amici.
Come ha vissuto nel pre-dimissioni?
In maniera molto difficile dal punto di vista della salute fisica. Nessuno, e sottolineo nessuno, mi ha obbligato a dimettermi. Oltre alla condizione fisica con il passare dei giorni vedevo le persone care che iniziavano a risentire pesantemente della situazione oltre al riacutizzarsi del fenomeno delle minacce. Sms, mail, qualcuno lo ha fatto per strada almeno mostrando il viso. Tutto questo aggiunto al fatto che non c’era dubbio che le mie non dimissioni avrebbero prodotto la crisi a Palazzo, con le regionali alle porte e nel rispetto del Pdl, era una responsabilità che non avrei potuto assumermi.
Ha parlato di minacce. Di che tipo?
Fisiche. Di persone che mi consigliavano di stare attento perché le mie ginocchia sarebbero state spezzate a colpi di mazze da baseball, come già successo con la vicenda proiettili. Questo non mi ha preoccupato personalmente. Però non posso non tener conto delle persone che mi stanno intorno. Devo essere responsabile, come lo sono sempre stato in questi 12 anni di amministrazione - e faccio un inciso a cui tengo: non mi sono dimesso per fattori legati ad altri fenomeni come le tangenti -.
In città si è vista una mobilitazione senza precedenti. Che faccia ha visto dei comaschi?
Ho incontrato anche i comaschi che si sono lamentati per l’esatto contrario. Non è vero che a me non è mai successo di essere contestato. In ogni cantiere ho sempre avuto un rapporto piuttosto difficile con le persone. Chi ha protestato lo ha fatto in modo garbato, ho avuto la possibilità di spiegare, qualcuno ha anche capito. Lo reputo legittimo, non spaventoso.
Cosa dice a tutti quei comaschi che hanno chiaramente detto no al muro?
Dico che se avessero avuto un po’ più di pazienza, un po’ più di fiducia nell’amministrazione e nel sottoscritto non saremmo in questa situazione. Sono certo che in quei due o tre giorni quando è scoppiato il casino e tutti hanno sparato  mitragliate, se ci si fosse fermati tutti e si avesse dato per l’ultima volta fiducia quel muro, in quelle dimensioni, in quel modo non ci sarebbe più stato.
Ma quel muro ci doveva essere o no?
Sì, era da progetto, con la scultura fissa di Somaini che doveva difendere il lago. Poi negli ultimi 30 metri verso i giardini a lago, si è omogeneizzata tutta l’altezza con l’aggiunta dei famosi 70 cm.
Sono stati fatti degli errori?
Boh, da parte mia sicuramente sì. Chi non sbaglia? Forse l’errore che devo imputarmi è su due fronti: essere stato convinto che, dal 1998 ad oggi, avendo spiegato il progetto, fosse stato stato capito, e invece così non era. In questo c’è stata sottovalutazione, come c’è stata per l’impatto di carattere visivo-paesaggistico. Poi c’è il fatto di aver consentito a tutti di credere che Caradonna fosse quello che poteva risolvere tutti i problemi, ma anche quello a cui dovevano essere ascritti tutti i problemi.
In aula Viola ha detto che né lei né il sindaco sapevate nulla del muro aggiuntivo. È vero?
In parte diceva la verità. Della perizia conoscevo tutte le cose principali, c’erano cose molto più importanti. Indubbiamente non immaginavo che quella parte di muro desse quel tipo di impatto.
Quando l’ha visto cosa ha pensato?
Non mi ero reso conto delle conseguenze mediatiche di tutto quello che sarebbe successo. I problemi sono una consuetudine nei cantieri. In questo anno e mezzo ne sono stati risolti parecchi, il muro rappresentava il 10%. Paradossalmente si è inciampati sulla cosa più banale.
Banale ma di impatto devastante...
Devastante perché costruito così, perché se ne è parlato per 100 giorni sui giornali, perché sono intervenute le tv nazionali. Faccio una domanda: se gli oblò fossero stati chiusi come succede in tutti i cantieri, nessuno se ne sarebbe accorto.
Ma dei rendering, giudicati da molti ingannevoli cosa dice?
I rendering sono ingannevoli non perché fatti male, ma perché sono foto di massima aggiungendo dei pezzi. Poi si è visto che il muretto di fianco alla persona sproporzionata le arrivava alla caviglia...
Hanno però aiutato a non far capire il progetto?
Assolutamente. Dal ’98 ad oggi, per tre mandati, l’ho spiegato in aula, in biblioteca. Ho avuto la sensazione che tutti pensavano che scherzassi, che mi guardassero dicendo "ma figurati se si parte, se ci sono i soldi". È un progetto in cui credo e dal 98 l’ho portato avanti con tenacia e spesso in solitudine. Mi ricordo gli anni di Botta e Bruni in cui, a parte i due sindaci che mi spronavano, tutti mi guardavano pensando "Mah, cosa sono le paratie?".
Vedendo il muro, con il senno di poi, non pensa che il progetto andasse fatto meglio fin dall’inizio?
Poteva essere fatto tutto fin dall’inizio, ma non c’erano i soldi. La prima gara andò deserta perché le ditte dicevano che non c’erano le condizioni economiche. Ero stato personalmente a Roma, da solo, mi hanno detto non solo che non c’erano altri fondi, ma che se non avessimo usato quelli in cassa sarebbero stati tolti anche quelli.
Anche senza muro la vista non sarà più la stessa. È a causa dell’innalzamento delle rive?
No, la causa è l’allargamento di 21 metri della passeggiata. La distanza cambia l’impatto. In una città turistica è più giusto per me dare un’immagine di passeggiata seria, turistica, importante. Se chi passa in auto non vedrà il lago a ridosso della strada, personalmente penso che sia un prezzo da pagare rispetto al beneficio di non avere più una passeggiata penosa.
Pensa di dovere delle scuse ai comaschi?
Scusarmi di cosa? Di avere con tenacia sostenuto il progetto dal ’98? Di non avere avuto il tempo di modificarlo? Allora mi dovrei scusare di aver fatto la bretella dell’Oltrecolle, via Paoli, il sistema rotatorie, di aver dato Sant’Abbondio all’università, Santa Teresa, di piazza Verdi, di essere andato alle 5 di mattina con due plotoni a svuotare il dormitorio di via Grossi pieno di extracomunitari...
Non pensa di aver pagato da solo anche per responsabilità non solo sue?
Non è argomento che mi interessa. In questi 11 anni mi sono sempre sentito una persona felice e sapevo di far cose con onestà. Le ultime giunte le ho fatte non parlando. Non ero più una persona felice.
I colleghi di giunta si sono fatti sentire?
No. Tranne due.
Un lettore ha detto che lei va ancora sul cantiere. È vero?
Lo dimostrino. È capitato che passando ho visto geometri con cui ho vissuto due anni di lavori. Abbiamo fatto due chiacchiere. Non ho avuto prima e non ho adesso il potere di dare indicazioni tecniche, non sono ingegnere né un architetto. Penso di essere stato un buon amministratore abbastanza onesto.
Cosa farà Fulvio Caradonna da grande?
Non lo so, sto dicendo la verità.
Continuerà a fare politica?
Ho iniziato a fare politica a 16 anni, ne ho 47. Non penso possano proibirmelo. Fare politica vuol anche dire dare volantini in piazza.
Tornerebbe in Comune?
Bella domanda. In queste condizioni no. Sarebbe interessante fare la domanda a a molti: riprendereste uno come Caradonna? Fino al giorno delle mie dimissioni la gente stava a distanza, forse nella convinzione che potessi mordere. Da quando mi sono dimesso, ho incontrato una marea di persone che si sono avvicinate con garbo.
Le manca il Comune?
Silenzio commosso. Sì, la gente. La politica no. È stato sorprendente l’affetto dimostrato dai funzionari, non solo del mio settore. Tra i politici, non tutti, alcuni si sono comportanti umanamente in un modo indegno.
Sorprese positive?
Sì. Magatti, Lucini, e altri che mi hanno dato segnali d’affetto umano. Dalla maggioranza ci sono state prove da parte di persone che non mi sarei aspettato.
C’è stato un rapporto di amicizia costruito in anni che alla prima prova vera si è sgretolato?
Sì, uno in modo particolare mi ha deluso in modo devastante. Non me lo sarei mai aspettato.
Perché non si è dimesso subito affrontando in silenzio i consigli comunali?
Cosa avrei potuto dire? Qualcuno è convinto che sono stato zitto per ordini superiori. Non è vero. Non avevo niente da dire: potevo alzarmi e dire ho bisogno di tempo? Non ho colpa?
In aula, chi mi conosce, mi ha visto molto stanco, sapevo che sarebbe finita così. Mollare prima avrebbe significato voler scappare e non è nel mio stile. Era giusto rimanere lì fino all’ultimo. Il capitano sta sulla nave.
Lei ha amicizie importanti: Fini, La Russa... li ha sentiti?
Da persone molto in alto ho avuto molta solidarietà. Telefonate come "Ma Fulvio, cosa è successo?".
Dodici anni in Comune. Quale cantiere le ha dato più soddisfazione, cosa non rifarebbe?
Rifarei tutto come cantieri. Il più bello è stato il chiostro di sant’abbondio. La prima volta, davanti a tutti, ho detto: «È meglio demolire!» Mi hanno guardato pensando: «Questo è scemo». Se si pensa a cosa sono riusciti a fare i tecnici del Comune in questi anni.
È ancora convinto che il cedro andasse tagliato?
Sì, se non l’avessimo fatto all’alba la piazza non ci sarebbe.
Lei ci ha sempre messo la faccia (cedro, neve...) crede per questo di aver pagato più caro la vicenda del muro?
Assolutamente sì.
Sarebbe capace di far politica diversamente, più defilato?
Assolutamente no.
Una fregatura, insomma.
Ride.
Gisella Roncoroni

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