«I processi 26 anni fa?
Più infuocati e meno lenti»

Salvatore Venuti non perde un'udienza in tribunale da quando è andato in pensione, nel 1983. Il racconto di com'è cambiata la giustizia in tutti questi anni

Anche 26 anni fa l’aria strappava brividi senza emozioni. Faceva freddo, quel giorno d’inverno del 1983, proprio come lo fa oggi. Così freddo che "zio Salvatore" voleva «trovare un posto caldo» dove rifugiarsi. Lo trovò nel palazzo di giustizia. E da quel giorno il tribunale è diventata la sua seconda casa, quella dove trascorrere qualche ora al mattino, dove fare due chiacchiere con gli amici e qualche magistrato, dove vivere di persona i fatti di cronaca prima che si facciano notizia.
Ci sono volti che associ inevitabilmente a dei luoghi. Il viso rotondo, cresciuto attorno a occhi mansueti, di Salvatore Venuti è uno di quelli. Da 26 anni lo "zio Salvatore" non perde occasione per passare da palazzo di giustizia. Fare un giro nelle aule. Quando è il giorno giusto augurare buon onomastico a questo o a quel giudice. È una presenza data per scontata, al punto che «quando non ci sono, si preoccupano», afferma con una risata sonora e sincera.
Di processi Salvatore Venuti, 81 anni, casa e moglie in città, ne ha visti tanti: «Così tanti da non ricordare neppure più quanto sono stati». Così tanti da far fatica a indicare quello che più l’ha colpito. Forse quello per la strage di Erba? «Macché - replica - Quello non l’ho visto. Nemmeno un’udienza. E chi me lo faceva fare? No, non ci tenevo a vedere quei due». Niente nomi, ma non ce n’è bisogno: quei due, per "zio Salvatore", sono Rosa e Olindo. I presunti mostri di via Diaz per i quali alcune persone hanno percorso chilometri, pur di vederli. E lui, lo zio del palazzo di giustizia, che avrebbe avuto un diritto acquisito a entrare in quell’aula ha detto no: «Per carità».
Delle migliaia di udienze viste il signor Venuti ricorda quello a Renato Vallanzasca. A distanza di anni ancora si infiamma a ripensare a quel processo: «Era lì in gabbia che scherzava e che rideva - ricorda - L’avevano portato qui da Lecco ed era pieno di guardie. Quando sono entrato uno di loro mi ha fermato. Mi conosceva, ma mi ha chiesto ugualmente la carta d’identità: "Scusa, ma è per sicurezza"». Ma in aula Salvatore c’è rimasto poco: «Quando sono uscito la guardia mi ha chiesto: "Perché esci?". Perché non ce la facevo a vederlo ridere e scherzare».
Marito, padre, nonno e da poco anche bis nonno, il signor Venuti ha iniziato a frequentare palazzo di giustizia dopo la pensione: «Nel 1983, quando ho lasciato la Savid di Tavernola». Da allora di riforme della giustizia ne sono passate attraverso i codici: «Come sono cambiati i processi in questi 26 anni? Prima erano più caldi, più infuocati. Ed erano anche più veloci. Ora è tutto più distaccato. E tutto più lento». Ma il freddo, fuori dal palazzo, è lo stesso: «Perché vengo qui?». Paura. Sorriso: «Solo perché fa caldo».

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