Valanga di fatture false
In trentotto sotto accusa

La Guardia di finanza ha sequestrato oltre 250 documenti. Servivano per giustificare operazioni inesistenti. I difensori avvertono: «Accuse da dimostrare»

Sono oltre 250 le presunte fatture false sequestrate dalla guardia di finanza nell’ambito di un’indagine della Procura arrivata a conclusione in questi giorni: trentotto operatori economici delle province di Como, Lecco e Varese, ma anche di Alessandria e di Bergamo, sono accusati di aver evaso le imposte dichiarando spese che non avrebbero effettuato. Operazioni inesistenti, in tutto o in parte, documentate con fatture fabbricate dalla ditta di Fermo Varenna, sede in Albavilla, dove sarebbe arrivata la guardia di finanza in seguito a una segnalazione proveniente da un curatore fallimentare di Brescia. Seguì un colpo di scena: un “pentito fiscale” inguaiò tutti e i militari recuperarono quelle che sarebbero prove di un vasto giro in frode, come ipotizza l’accusa, il pm Daniela Meliota.
Una trentina di avvocati comaschi si accinge a presentare memorie  per i rispettivi assistiti e «prima di tutto, bisogna accertare la falsità, materiale, oggettiva e soggettiva delle fatture sotto sequestro», sottolinea l’avvocato Giuseppe Sassi, difensore di un indagato. Ma l’avvocato Sassi è pure presidente della Camera Penale: qual è la riflessione dei penalisti, in linea generale, di fronte a reati tributari, reati economici che hanno pure un’incidenza sociale? Infatti, il contribuente ligio al dovere paga anche per chi non lo è. E se lo Stato sarà sprecone, ha bisogno dei contribuenti per far funzionare le scuole, la sanità, la giustizia, il Paese.
«Siamo sostenitori del principio di legalità - precisa l’avvocato Sassi - ma è evidente che, prima di tutto, i reati devono essere provati: finora ci troviamo di fronte solo ad ipotesi. La presunzione di innocenza deve valere finchè non è dimostrata la responsabilità da una sentenza definitiva».

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