Arrighi: la difesa punta
sulla seconda telecamera

Gli avvocati dell'armaiolo puntano a smontare la tesi della premeditazione: se l'omicida avesse voluto oscurare la scena del delitto, perché non ha spostato entrambi gli obbiettivi?

COMO - Nella stanza in cui lo scorso primo febbraio Alberto Arrighi uccise Giacomo Brambilla c'era, e c'è tuttora, una seconda telecamera. È sistemata sulla parete opposta rispetto a quella a cui è "agganciata" la prima e, come la prima, presidia i pochi metri quadri in cui fu commesso l'omicidio. Sulla presenza di questo secondo dispositivo, la difesa punta moltissimo, così come moltissimo punta anche, più in generale, sul sistema di videosorveglianza dell'armeria (che non fu mai manomesso, nè prima né dopo il delitto) per dimostrare che l'omicidio fu tutto meno che premeditato, ipotesi su cui la Procura sembra intezionata a puntare, e che fu semmai il più classico tra i delitti d'impeto, commesso in un accesso d'ira al culmine di una discussione ferocissima.
La teoria difensiva è che se davvero Arrighi avesse programmato di uccidere Brambilla, avrebbe senz'altro provveduto ad "accecare" preliminarmente l'intero sistema di sorveglianza video, sul quale aveva ampie possibilità di intervento. Avrebbe potuto farlo orientando diversamente le telecamere, cosa che, in base agli accertamenti svolti dall'avvocato che lo assiste, Ivan Colciago, non fu fatta mai, neppure per il primo dei due dispositivi, quello che riprese il delitto più da vicino e che, secondo una certa scuola di pensiero, Arrighi provvide invece a "manomettere". Il video acquisito dalla squadra mobile di Como mostra l'armiere salire su un rialzo, allungare la mano verso l'obiettivo e aggiustarlo, operazione che farebbe pensare a un tentativo di modificare l'inquadratura. In realtà - questa è la tesi - Arrighi sistemò la telecamera soltanto perché il sabato precedente, modificando d'imperio la disposizione degli arredi in negozio, Brambilla aveva spostato contro quella parete un espositore Beretta (quello che, peraltro, compare anche nel filmato) la cui presenza oscurava il campo visivo. Non sarà, il sistema di videosorvegilanza del negozio, l'unica leva a cui Arrighi e i suoi avvocati si aggrapperanno per provare il delitto d'impeto. C'è ancora molto riserbo sulle carte e sulla documentazione raccolta - l'inchiesta, del resto, non è ancora conclusa - ma sembra che anche gli ambienti del negozio abbiano, in questo ambito, un loro peso. Per esempio:se avesse programmato l'omicidio, l'armaiolo avrebbe potuto attirare la sua vittima, con una scusa qualunque, nel piccolo laboratorio destinato alla riparazione delle armi. È completamente insonorizzato, non ci sono telecamere (è l'unico locale da cui mancano), e ha un pavimento di piastrelle senz'altro più facile da lavare del parquet del negozio, che invece, dopo il delitto, si impregnò irrimediabilmente di sangue.

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