Senza stipendio né pensione
A rischio centinaia di comaschi

Lettera di industriali e sindacati ai parlamentari lariani: "Con la manovra finanziaria chi è in mobilità rimane senza copertura". Nella provincia di Como sarebbe a rischio il 40% dei lavoratori in mobilità

COMO - I nuovi poveri potrebbero essere dai mille ai duemila in provincia di Como, pari al 40% dei cinquemila lavoratori attualmente in mobilità e che sarebbero andati in pensione non appena esaurita questa tipologia di ammortizzatore sociale. Per una disposizione, forse una svista, nella manovra finanziaria di aggiustamento dei conti pubblici, rischiano di rimanere senza salario, ancorché già ridotto per la mobilità; senza lavoro, perché fuori dalla propria azienda e fuori età, ma anche senza pensione. Per riceverla, devono aspettare l'anno successivo a quello in cui hanno maturato il diritto al pensionamento. E in quell'anno, dovranno arrangiarsi a vivere. Il problema è stato segnalato ai «Signori parlamentari comaschi» con una lettera congiunta da Confindustria Como e organizzazioni sindacali, firmata da Fabio Porro, vicepresidente degli industriali comaschi; dal segretario Cgil, Alessandro Tarpini, dal segretario Cisl, Fausto Tagliabue e dal segretario Uil, Michele Barresi. Un problema sociale, non solo economico ed aziendale, che vede tutti d'accordo?

«Non è la prima volta - sottolinea Porro - che imprenditori e sindacati condividono un problema e vanno insieme alla ricerca di soluzioni. È un metodo importante, che può dare risultati significativi». La manovra è appena stata pubblicata: forse Como è fra le prime in Italia ad attivarsi per segnalare il disguido che potrebbe diventare grave disagio.
«In effetti, siamo stati tempestivi, in modo che i parlamentari comaschi segnalino subito al Governo la necessità di una modifica alla disposizione. I datori di lavoro hanno già fatto la loro parte - continua il vicepresidente - i casi di esuberi aziendali sono gestiti,  si esaminano le singole situazioni, in modo che il lavoratore sia penalizzato il meno possibile». Chi è più vicino alla pensione, va in mobilità prima di un giovane lontano dal maturare i diritti al pensionamento. Infatti, avrà vita più difficile il giovane che perde il lavoro, se gli finiscono gli ammortizzatori sociali e se non trova un'altra occupazione. Per questo, l'azienda lo trattiene. Ma chi pagherà i mesi, dodici mesi, in attesa della “finestra” d'uscita? «La manovra fissa un tetto di diecimila mobilità escluse dalla modifica sul sistema pensionistico e delle finestre - afferma Alessandro Tarpini - ma tutti gli altri, 80.000 - 100.000 in Italia, che cosa fanno? E nel comasco, si ipotizza che molte centinaia dei 5.000 circa lavoratori in mobilità saranno nei guai. È vero: noi, Confindustria e gli altri sindacati sulla manovra abbiamo posizioni molto diverse e in qualche caso opposte, tant'è che abbiamo proclamato lo sciopero generale il 25 giugno. Ma sul punto siamo tutti d'accordo: si creerà una situazione molto pericolosa, le crisi aziendali rischiano di non poter più essere gestite, saranno licenziate persone giovani e saranno tenuti gli anziani in azienda».

Gli interventi dolorosi, molto dolorosi sono strutturali, nella manovra.« Bisogna dar risposte alla gente che è anche molto disorientata. Per questo, abbiamo scritto la lettera, almeno per far chiarezza», aggiunge Tarpini. Allarme? «È una questione importante e delicata - sostiene Fausto Tagliabue, Cisl - Il rischio è quello di non poter più gestire gli esuberi. Adesso, su base volontaria, viene chiesto ai lavoratori, se hanno più di 50 anni, di accettare la mobilità e questo strumento è stato usato per decine e decine di casi». Ma se si chiede ad un lavoratore di accettare la mobilità per arrivare al pensionamento e poi dovrà allungare di mesi l'accesso alla pensione, dirà di no. Chi accetta un «buco» di sei mesi e anche di più, un “buco” senza soldi? «Accettano di essere messi in mobilità, perché poi vanno in pensione - ribadisce Tagliabue - ma se passa la disposizione della Finanziaria, il lavoratore dirà di no. L'alternativa è il licenziamento». Il problema dell'accesso alla pensione un anno dopo aver maturato il diritto è generale, come indica la manovra: un anno di contributi è, in sostanza, regalato all'Inps, perché è un anno in più di lavoro. Però, non manca lo stipendio. «La previdenza non è toccata», ha assicurato il Governo. Infatti: non l'ha toccata. L'ha tagliata di netto.
Maria Castelli

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