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Lunedì 27 Settembre 2010
Lamanna aggredito dagli ultras:
"Paura? No, soltanto schifo"
Botte ad Alessandria dopo la partita all'ex portiere del Como, ora al Gubbio, che vive a Lurate Caccivio. Con lui c'erano anche il padre e la madre. «Mi hanno picchiato con una rabbia, come se avessi ucciso qualcuno...»
Papà Cosma racconta i fatti. «Stavamo uscendo dallo stadio, normalmente dopo la partita. Io, Eugenio e mia moglie. C'era questo gruppo di persone, una quindicina, fuori da un bar. Di sicuro avevano bevuto tutti parecchio. Hanno visto lui con la tuta del Gubbio, hanno cominciato a insultarci pesantemente. Prima Eugenio, poi mia moglie. Andavamo per la nostra strada evitando di reagire. Uno si è avvicinato, mio figlio ha semplicemente detto "dai state tranquilli, avete anche vinto...". E questo l'ha colpito in pieno viso, tagliandolo forse con un anello». Lamanna ha cominciato a sanguinare - «immaginatevi che cos'è stato vedere mio figlio così», dice ancora scioccata mamma Maria -, e la situazione è trascesa. «Una quindicina contro tre - racconta il signor Lamanna - c'erano anche delle donne. A mia moglie hanno tirato una bottiglia di birra, per fortuna l'ha schivata, ma ci picchiavano, io ne avevo addosso tre. Vedevo mio figlio sanguinante e mia moglie aggredita... Una violenza assurda. E la follia è stata che chi era lì al bar dava man forte a loro, non aiutava noi...».
Mamma Maria cercava di chiamare aiuto con il telefonino. «Ma non ci riuscivo, mi erano addosso, sono stati attimi tremendi». Il pullman del Gubbio ha visto la scena da lontano. Nel momento in cui è riuscito a tornare indietro è arrivata anche la Polizia e la rissa si è interrotta. «Certo, hanno visto arrivare tanta gente e si sono dileguati. La cosa un po' assurda è che noi li abbiamo immediatamente riconosciuti e identificati - racconta ancora la mamma - ma la Polizia li ha lasciati lì, come niente fosse». Poi, l'ambulanza, il Pronto soccorso, l'unica preoccupazione sono diventate le condizioni di Eugenio. Che fortunatamente è potuto rientrare a Como in serata. «L'Alessandria?Sì, si sono interessati. Il loro team manager è venuto in Ospedale». E in ospedale c'è stato pure uno degli aggressori più violenti, accompagnato dal padre, con l'intenzione di chiedere scusa. «Non l'ho nemmeno voluto vedere», dice Eugenio. «Gente che si comporta così deve pagare, altro che chiedere scusa...». In effetti l'identificazione di alcuni degli aggressori è già avvenuta. La famiglia Lamanna tramite il suo legale, l'avvocato comasco Giancola, sporgerà denuncia per lesioni.
Il tutto, per niente. Perchè tra l'altro il borsello di Eugenio, con soldi, documenti e quant'altro, nella rissa è andato perso. La polizia lo ha ritrovato aperto nel bar, ma nulla è stato toccato. Violenza pura, fine a se stessa. «E per fortuna, come invece di solito accade, non è venuto il nostro figlio più piccolo, Giuseppe, che ha solo 13 anni. Quella gente non si sarebbe fatta scrupoli neppure con un bambino...».
«Io non me lo spiego - dice Eugenio -, la partita non c'entra perchè in campo non era neppure successo niente di particolare. In più, abbiamo anche perso... Ho avuto paura per la mia famiglia, per mia mamma, volevo difenderla. E' disgustoso quello che è successo. Gente così non fa paura, fa solo rabbia. Molto disgusto e tantissima delusione... Ma come può esserci in giro gente così?». E tra l'altro questa orribile vicenda gli impedirà di essere in campo contro il Como al Sinigaglia. «Eugenio aspettava questa partita da una vita...», dice sconsolato il papà. Per ora di partita deve vincere questa. Forza.
Lilliana Cavatorta
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