Addio a don Giovanni Valassina
Storico parroco di Como e Drezzo

Si definiva "prete ruspante". Ha pubblicato dieci libri di poesie e racconti. Si è spento all'età di 85 anni

«Anche le ombre cantano il sole»: chissà che anno era, forse la metà degli anni '90, quando don Giovanni raccolse tutte le poesie scritte fino ad allora in un volume unico e cercava il titolo. Era nella canonica di Drezzo, intorno libri, statuine, corone del Rosario, il posacenere sul tappeto del tavolo: «Quante ne hai già fumate?» ed alzava le spalle. Trovò il titolo:«Anche le ombre cantano il sole». E perché? «Sono nato nel 1925, sono prete dal 1948, sono stato vicario a Menaggio, parroco a Mezzegra, parroco a sant'Agata di Como dal 1961 al 1988 - elencò - Cinquant'anni che son prete e nel percorso tra i colori delle umane avventure, ho cercato di rintracciare l'angelo dormiente e la spera di sole che si cela in ognuno». Era poeta anche quando parlava. «In ogni creatura umana, c'è l'orma di Dio - continuò - c'è il riverbero della luce di Cristo, illumina ogni uomo che entra nel mondo. Né i peccati dell'uomo sono solo peccati. Né i peccatori sono solo peccatori». Ieri, don Giovanni Valassina è entrato nella grande luce che non conosce né ombre, né tramonto. È entrato a 85 anni compiuti il 18 giugno scorso, ha portato con sé le «emozioni aggredenti», come le chiamava, di una vita da parroco e da uomo che ha condiviso le sofferenze degli uomini e tanto più erano nascoste, tanto più era capace di dar loro luce, con la sua poesia e la sua fede. Su quel colle di Drezzo, verso la sua «gesa a volt», chiesa in alto, ha voluto la «Via Lucis». È piuttosto via Crucis, don Giovanni, la nostra strada di uomini, di donne, di famiglie, di anziani e dì al tuo Dio di venirci incontro, almeno qualche volta. «Io sono un parroco ruspante - gli piacevano le espressioni suggestive - Però dico che Cristo è sempre crocifisso in ogni uomo crocifisso. L'anti crocifissione è l'apertura di braccia, di cuore, di casa, di barriera. Le mani di Cristo sono così grandi che carezzano il mondo». Non gli scappava niente: nel suo diario annotò tutto, anche il bambino che, a dieci anni, aveva imparato a far le iniezioni alla sua mamma, malata, piena di piaghe e l'odore aveva impregnato i vestiti di bambino. «Non sa - diceva don Giovanni - di essere un grande». Quanti libri, Diario di un parroco di città, Via degli anonimi, Natale con i tuoi, Dal silenzio Verde, Sul sagrato a parlar di speranza, la Pasqua negli occhi, il Rosario degli ultimi… Quanta carità, quanta misericordia e anche quanta arguzia, nelle osservazioni. Lo recensirono i grandi recensori e gli hanno voluto bene tutti. «Se penso ad una vecchiaia piena d'acciacchi e del peso di me stesso - confidò - provo un sentimento di paura. Chissà, poter morire in piedi, come si usa dire. Da seminarista, ho sempre tremato mentre si recitava la preghiera di accettazione della morte», aveva scritto da qualche parte. Passò gli ultimi mesi della sua vita nell'Istituto Santa Croce, era sereno, scriveva agli amici. Una delle sue ultime lettere diceva: «Ogni speranza è speranza nella Risurrezione».
Maria Castelli

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