Il figlio di un degente
accusa Ca d'industria

Dalla televisione al cibo, lettera shock su tutto quello che non funziona alla casa di riposo Le Camelie. "Altro che complotto, qui manca chiarezza"

COMO - Tre giorni dopo il comunicato con cui Ca' d'Industria ridimensionava il caso dei televisori (che mancano un po' dappertutto, da via Brambilla a via Bignanico), ecco la risposta del parente di un ospite della Fondazione, in una lettera che fotografa la situazione alle Camelie. Rappresenta, ovviamente, un punto di vista, ma aiuta a farsi un'idea su alcuni aspetti dell'assistenza che oggi Ca' d'Industria è in grado di fornire, a partire appunto dal nodo degli apparecchi tv, tuttora fuori uso nonostante le precisazione del presidente Domenico Pellegrino e del membro del cda Romolo Vivarelli, che sabato se l'era presa con il consigliere comunale colpevole di avere sollevato il caso («se avesse telefonato, si sarebbe risparmiata una figuraccia»). Evidentemente le cose non stanno proprio così, e la titolarità della figuraccia è da ridistribuire: a sentire, a leggere quello che scrive il signor Tettamanti, ci sono molte altre cose che non vanno. Dal numero degli operatori sanitari, a quanto pare piuttosto ridotto, alla conseguente qualità del servizio di assistenza fino, appunto, alla qualità dell'alimentazione e alla possibilità (per esempio da parte di pazienti segnalati per il cibo frullato) di disporre dello stesso servizio di prima. C'è chi, oltre a non poter vedere la televisione («per chi ha visto ridursi progressivamente l'orizzonte di vita fin dentro lo spazio limitato della stanza di un ricovero, anche la banale possibilità o meno di accedere a programmi tv può diventare un elemento di ulteriore criticità») c'è chi non sempre trova un sostegno per potersi alzare dal letto, e non sempre trova un sostegno in generale, diverso da quello dei tanti parenti che per fortuna si danno ancora da fare. «Accanto alla professionalità, alla dedizione e alla competenza del personale si registrano problemi e disfunzioni che non sono ordito di un complotto, ma ricadute pesanti sulla qualità di vita di persona già segnate dalla sofferenza», scrive ancora Tettamanti.
Le inchieste, intanto procedono: gli indagati sono quattro. C'è l'operatore sanitario Davide Scarano, sospeso dal lavoro, ci sono le due cuoche accusate di sabotaggio (anche loro sospese), c'è il consigliere comunale Donato Supino, indagato per false dichiarazioni al pm e per diffamazione aggravata, essendo stato evidentemente a sua volta querelato dal cda della Fondazione.
Stefano Ferrari

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