Via Diaz cantieri e abbadono
"Ci hanno rovinato i burocrati"

I guai della stada, tra auto e movida. Dopo mesi ancora tutto irrisolto

COMO - Ci sono due modi per raccontare questa storia, per leggere questo fatto. C'è quello dell'architetto Christian Longa, amante dell'arte e del bello (la sua società si chiama, non a caso, Artist Food), titolare de «Le Soste», del ristorante in via Diaz e anche dello spazio espositivo di fronte, all'esterno del quale, fino a qualche giorno fa, troneggiavano dei tavolini con sedie. Appositamente realizzati in ferro anticato e corten su disegno dell'architetto, costati 7mila euro - non esattamente quello che si spende normalmente per pochi coperti esterni - intesi dall'autore / ristoratore non solo come spazio esterno del suo locale ma anche come abbellimento di tutta la via. Poi c'è il modo burocratico: quegli arredi non sono conformi, dice il Comune, quelle sedie non si possono accatastare e, quindi, bisogna rimuovere tutto. Quindi altro che opera scultorea, espressione artistica che mette in dialogo lo spazio urbano e quello commerciale e tutto quello che un architetto può sostenere a favore di una sua realizzazione. Per l'ufficio attività produttive tutto questo non conta. «Piuttosto che rimettere i tavoli in midollino che c'erano prima - racconta Longa - ho preferito lasciar perdere. Quelli, tra l'altro, non erano conformi alle normative, perché oltrepassavano lo spazio che ho in concessione, ed erano scomodi per i clienti perché erano troppo bassi, ad altezza strada e qui è un continuo passare di macchine». Sì, perché la tratta di via Diaz tra l'incrocio con via Lambertenghi fino a quello con via Natta non si può certo definire esteticamente bella e non occorre una laurea per accorgersene. L'angolo de «Le Soste», piacessero o non piacessero quegli arredi, resta vuoto, poco più in là dei portavaso in cemento, collocati dallo stesso Longa d'accordo con il vicino, il fotografo Enzo Pifferi: hanno sostituito quelli più belli e “caldi” in terracotta che, lo ricorderete, erano stati ridotti in briciole da un pugno di balordi in vena di fesserie notturne. Da lì in poi, inoltre, è tutto un cantiere mentre i lavori sull'edificio del Cinema Centrale non sono ancora iniziati e quello che era il vecchio Teatro Cressoni diventa ogni giorno più fatiscente. Anche l'Upcts dà ragione a «Le Soste», anche gli altri negozianti della strada interpellati, ma non c'è stato niente da fare.
Intanto è sopraggiunto il grande freddo e tanto vale non scaldarsi tanto per qualche tavolino, che si tratti o no di un'opera d'arte, ma la sensazione è che tutte le questioni che sono esplose l'estate scorsa quando il termine, improprio, “movida” ha guadagnato le prime pagine dei quotidiani, non siano ancora state risolte e riesploderanno a primavera, con nuovi incontri di braccio di ferro tra esercizi e istituzioni.
Alessio Brunialti

© RIPRODUZIONE RISERVATA