"Nessuno controllò
se lì c'era amianto"

L'orologio affisso sulla parete di destra dell'aula Papiniano, al piano terra del palazzo di giustizia di Como, è fermo. Ma alle 9.14 il giudice Carlo Cecchetti inizia la seconda udienza sull'amianto crisotilo ritrovato in Ticosa mesi dopo la demolizione che vede sul banco degli imputati Roberto Binda, titolare dell'omonima impresa a cui Multi appaltò le operazioni di triturazione delle macerie della vecchia fabbrica.

COMO L'orologio affisso sulla parete di destra dell'aula Papiniano, al piano terra del palazzo di giustizia di Como, è fermo. Ma alle 9.14 il giudice Carlo Cecchetti inizia la seconda udienza sull'amianto crisotilo ritrovato in Ticosa mesi dopo la demolizione che vede sul banco degli imputati Roberto Binda, titolare dell'omonima impresa a cui Multi appaltò le operazioni di triturazione delle macerie della vecchia fabbrica. L'accusa, per Binda, è di aver tritato irregolarmente il materiale in quanto contenente amianto così come confermato dai carabinieri del Noe e dall'Arpa. Sono le 9.20 quando il sindaco Stefano Bruni, viene sentito come testimone (chiamato dalla difesa). Riguardo ai dettagli del contratto tra il Comune e Environ Italy (la società che si occupò delle analisi preliminari sull'area Ticosa per individuare la presenza di amianto) Bruni dice: «Non ne conosco il contenuto puntuale. Non l'ho nemmeno mai visto e non l'ho firmato, ma c'è». E poi, a precisa domanda, indica come dirigenti che hanno materialmente seguito la vicenda il responsabile dell'Urbanistica Francesco Salinitro (fino alla primavera del 2007) poi sostituito da Roberto Laria e il responsabile dell'Ambiente Alessandro Russi. Bruni chiarisce anche che il contratto preliminare sottoscritto con Multi «prevedeva la bonifica operativamente in carico a Multi, ma con spese e istruttoria a carico del Comune». Sulla ditta 1Emme (si è occupata della rimozione dell'amianto) il sindaco dice: «Non so neanche chi sia, noi avevamo rapporti con Multi». Durante la deposizione al sindaco - assistito dall'avvocato Giuseppe Sassi - viene precisato che, essendo stato indagato (poi la sua posizione è stata archiviata) si trova in una posizione particolare correndo il rischio di dire cose lesive per se stesso e nessuno è tenuto ad autoaccusarsi. L'avvocato di Binda, Michele Parravicini, gli chiede poi dettagli sul particolare codice di rifiuto assegnato alle macerie e anche in questo caso il sindaco precisa di «non ricordare nello specifico, perché non è di competenza né del sindaco né del Comune». Nessuna domanda, per lui, dal pubblico ministero Maurizia Vezzoli.
Subito dopo viene chiamata Cristina Peverelli, responsabile dell'Asl dell'unità operativa sicurezza e ambiente di lavoro che precisa: «Mi risulta che sia stato presentato un piano di bonifica ambientale prima della demolizione. È stato valutato positivamente, e sono stati fatti anche due sopralluoghi (poi approfondisce dicendo che al termine del primo era stato rilevato amianto sparso ed era stato disposta la pulizia, accertata come avvenuta il giorno successivo, ndr) sul posto all'inizio di gennaio». La dottoressa spiega che «dallo studio di Environ risultava la presenza di amianto» e, a precisa domanda, risponde a proposito dello studio di Environ: «Erano stati effettuati 23 campionamenti e l'amianto era stato rilevato soprattutto nelle guarnizioni. Era stato cercato anche nei pavimenti in linoleum, ma non era stato trovato. La guaina bituminosa non era invece stata analizzata. Non è detto che le guaine debbano per forza contenere amianto, bisognava eventualmente analizzarla per saperlo. Il campione di guaina bituminosa non è stato analizzato». Poi il giudice le chiede di chi fosse la competenza sul codice da assegnare al rifiuto («Arpa e amministrazione provinciale» la risposta) e se la sua competenza fosse stata solo in merito alla tutela della salute dei lavoratori («Esatto»).
Immediatamente dopo il legale dell'imputato chiede che vengano acquisiti lo studio e il contratto sottoscritto tra Environ e Comune e il processo viene aggiornato al 21 febbraio prossimo quando saranno ascoltati il responsabile dei carabinieri del Noe, i due dirigenti del Comune Salinitro e Laria e Danilo Fumagalli, coordinatore del cantiere per conto di Perego Strade (che demolì la fabbrica e affidò a Binda la triturazione delle macerie». Secondo la difesa «l'aspetto determinante è l'inesistenza di campionamenti sulla guaina, che attesta che chi triturò poteva non sapere il contenuto del materiale».
Gisella Roncoroni

© RIPRODUZIONE RISERVATA