Decapitò Giacomo Brambilla
se la cava con 3 anni e 5 mesi

Se le porte del carcere dovessero riaprirsi, per Emanuele La Rosa, sarà per non più di una manciata di mesi. Ma è probabile che, alla fine, il suocero di Alberto Arrighi, correo nell'orrenda mutilazione del corpo di Giacomo Brambilla, se la caverà con un affidamento ai servizi sociali.

COMO Se le porte del carcere dovessero riaprirsi, per Emanuele La Rosa, sarà per non più di una manciata di mesi. Ma è probabile che, alla fine, il suocero di Alberto Arrighi, correo nell'orrenda mutilazione del corpo di Giacomo Brambilla, se la caverà con un affidamento ai servizi sociali. Tre anni e cinque mesi di reclusione: è questa la pena che il pizzaiolo di Senna Comasco patteggerà per vilipendio e occultamento di cadavere. L'accordo sulla pena è stato raggiunto ieri mattina, quando gli avvocati Giuseppe Sassi e Maria Susi Mariani hanno formalizzato la richiesta di patteggiamento, alla quale il pubblico ministero Antonio Nalesso ha dato parere positivo.
L'accordo sulla pena al suocero di Arrighi, protagonista di una delle pagine più allucinanti del delitto dell'armeria di via Garibaldi, parte da un calcolo della pena di cinque anni di reclusione, ovvero un paio di anni al di sotto del massimo previsto dalla legge per quel reato. Nessuna concessione di attenuanti, nonostante l'assenza di precedenti, e semplice sconto di un terzo per la scelta del rito alternativo. Ecco come si è giunti al calcolo dei tre anni e cinque mesi. Avendo La Rosa già scontato sei mesi in carcere, in custodia cautelare, gli resterebbero poco meno di tre anni da scontare, ovvero al di sotto del termine previsto per la concessione dell'affidamento ai servizi sociali.
Il patteggiamento, nonostante l'accordo tra difesa e accusa, non è stato ancora ratificato. Lo dovrà fare, se lo troverà congruo, il giudice chiamata il 30 dicembre prossimo, tra meno di una settimana, a giudicare nell'udienza preliminare per il delitto del primo febbraio scorso. In quell'occasione, in aula, i parenti di Giacomo Brambilla rivedranno per la prima volta, dall'omicidio, Alberto Arrighi.Gli uni e gli altri, infatti, sembra abbiano già annunciato l'intenzione di essere presenti a un'udienza che ben difficilmente terminerà con una sentenza. Molte le questioni preliminari in sospeso, tra le quali la quasi certa richiesta da parte dell'avvocato Ivan Colciago, legale dell'armiere accusato di omicidio premeditato e vilipendio e occultamento di cadavere, di una perizia psichiatrica sul suo assistito, anche alla luce della consulenza di parte del professor Adolfo Francia  secondo la quale, nel momento in cui esplose i colpi di pistola, Arrighi non era in grado di intendere e di volere.
Ben difficilmente, in ogni caso, il delitto dell'armeria finirà in corte d'Assise. Il difensore dell'armiere, infatti, sembra intenzionato a chiedere il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Arrighi è reoconfesso dell'omicidio di Giacomo Brambilla. E, dopotutto, a incastrarlo ci sono anche le impietose immagini delle telecamere di sicurezza interne del negozio di via Garibaldi. Un filmato che riprende anche le gesta del suocero, Emanuele La Rosa, attivo nell'aiutare il genero a decapitare la povera vittima. La Rosa aveva poi tentato di distruggere i resti del corpo mettendoli in un forno della sua pizzeria, La Conca d'oro di Senna Comasco, e appendendo pure un cartello scritto di proprio pugno sullo sportello: "Non aprite. Sta cuocendo". Orrore pagato dal patriarca con quasi sei mesi di carcerazione preventiva al Bassone.
Ora si attende l'udienza preliminare di giovedì prossimo. Primo atto per giungere alla sentenza sull'omicidio di Giacomo Brambilla.
P. Mor.

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