Nel tempio della penna
che compie 50 anni

La cartoleria Moresi di via Anzani a Como ininterrottamente dal 1962 vende ai comaschi tutto l'occorrente per la scuola. Francesco Moresi aprì il suo primo negozio in via Giovio già nel 1935. In negozio pezzi da novanta: Stipula, Meierstück, Caran d'Ache, Dalvey, e poi Pelikan, Parker, Waterman, le immancabili Mont Blanc, davanti a tutte le predilette Omas e altre ancora.

COMO «Pennivendolo», generalmente, è epiteto che non piace a chi lo riceve (soprattutto quando, di professione, è giornalista).
In questo caso, però, è appropriato ma riduttivo perché l'opera compiuta da Moresi in cinquant'anni d'attività è indubbiamente commerciale ma con un robusto retroterra culturale: l'esaltazione della penna come oggetto d'arte, come piccolo capolavoro di design e, in qualche caso, anche di ingegneria, come oggetto da collezione oltre che compagna di scrittura. Il luogo lo conoscete: è quella cartoleria di via Anzani che ininterrottamente dal 1962 vende ai comaschi tutto l'occorrente per la scuola e per l'ufficio e, in questo, si differenzierebbe poco da esercizi analoghi, magari con una storia meno lunga alle spalle visto che Francesco Moresi aprì il suo primo negozio in via Giovio già nel 1935. Fu anche libraio, specializzandosi presto sui libri di scuola, e anche editore di testi prevalentemente scientifici, sempre indirizzati allo studio. Il figlio Massimo Moresi trasferì l'attività dove è oggi, appunto in via Anzani, cinquant'anni fa. Basta varcare la soglia per accorgersi che non si è entrati in un normale negozio: Stipula, Meierstück, Caran d'Ache, Dalvey, e poi Pelikan, Parker, Waterman, le immancabili (e sopravvalutate) Mont Blanc, davanti a tutte le predilette Omas e altre ancora. Siamo nel tempio della penna. L'officiante, il «pennivendolo», è Francesco Moresi nipote, terzo in linea genealogica a tramandare questa passione per quello che non è più un semplice oggetto di lavoro. «Ho cominciato a collezionarne da piccolo, portandole a casa dalla cartoleria di mio padre - racconta - con il tempo ne ho raccolte più di cento, dal 1915 a oggi».
Alcune sono esposte, le più preziose e le preferite sono al sicuro altrove. Non solo: non pago di raccoglierne, Moresi ne ha fatte realizzare alcune, commemorative, diventate rarità per gli appassionati. La “Moresi 40” è stata realizzata dieci anni fa in occasione del quarantesimo anniversario.
Nel 2004, visto il successo riscosso, è arrivata una nuova “limited edition”, la “Moresi n.2”. Questo mezzo secolo, naturalmente, non poteva passare inosservato ed ecco la “Moresi 50”, in un numero ridottissimo di esemplari, novantanove stilografiche con pennino in oro a diciotto carati e cinquantuno a sfera (naturalmente il più ambito è il kit che le racchiude entrambe), disegnate dallo stesso Moresi con Renzo Salvadori di Stipula, la storica casa fiorentina. I collezionisti sono già allertati: «Mi hanno detto che proprio recentemente una mia penna è stata battuta su e-bay a una cifra interessante», commenta mentre illustra quello che è un vero piccolo museo della penna e di tutto quanto fa scrittura. Colpiscono le antiche bottiglie di inchiostro, dalle etichette così variopinte da farle sembrare di liquori pregiati. Lasciano a bocca aperta anche un profano le bellissime stilo che risalgono addirittura all'apertura del primo negozio in centro mentre un'intestazione su un raffinato calendario perpetuo in legno è la memoria di un altro negozio, in via Cesare Cantù.
Quelle più amate dal signor Francesco sono le Omas (sigla italianissima: Officina meccanica Armando Simoni, Bologna). La celeberrima celluloide verde di questo brand di lusso ammirato in tutto il mondo ha dato vita a un'altra edizione limitata: sono solo trentacinque gli esemplari della Moresi 1935, celebrativa della fondazione di un'attività che tra passione, ricerca e commercio, resiste da così tanti anni, punto di riferimento per la scrittura in Lombardia, in Italia e oltre.
Alessio Brunialti

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