Festa dei popoli a Como,
il Duomo si tinge di colori

Il vescovo Coletti: rifiutare la diversità è sintomo del male; nel nostro cuore facciamo spazio ai problemi di tutti

Ritmi, danze, colori. Una liturgia insolita, ieri pomeriggio in cattedrale, ha espresso in mille tonalità, musiche, linguaggi, fisionomie, costumi, l'effetto coreografico dell'unità nella diversità. «Lo spirito santo ha riunito tutti i popoli della terra» ha annunciato don Angelo Gottardi, rettore dell'opera don Guanella che ha dedicato la maggior parte degli anni alla presenza missionaria nei paesi dell'America Latina. E quel breve versetto, solitamente recepito come un messaggio simbolico, ha invece confermato un'evidenza trasmessa, in un clima variegato e vivace, nell'incontro fra comunità di migranti presenti nel comasco. L'occasione della tradizionale “festa dei popoli” che da vari anni ripropone nel duomo di Como una liturgia suggestiva, a tratti persino spettacolare, ha offerto ieri lo spunto per approfondire il senso di un comune cammino di fede che converge verso il riconoscimento di una autentica fratellanza. «Perché il diverso ci fa paura, suscita facilmente in noi atteggiamenti di diffidenza o di fastidio?»: il provocatorio interrogativo è stato lanciato dal vescovo Diego Coletti che ha anche chiarito che «la predisposizione del cuore a rifiutare la diversità viene dal maligno». «L'essere diversi dovrebbe essere visto con curiosità, o come una occasione di scambio e di arricchimento reciproco» ha detto portando la riflessione sulla piccola iniziale comunità di Gerusalemme formata da una molteplicità di gente di stirpi e tradizioni diverse. Ieri la festa di Pentecoste esprimeva la stessa verità raccontata in un evento accaduto e descritto nel Vangelo. Una commozione gioiosa espressa anche oltre la celebrazione: il folkloristico spettacolo dell'armonia fra i popoli del mondo è proseguito, fra danze e sapori, all'esterno del Duomo.

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