Allarme insetticidi nel lago
"Troppo Ddt, pesce a rischio"

È allarme per il Ddt nel lago di Como. Abolito per legge sul finire degli anni Settanta - dopo un impiego vastissimo fin dall'immediato dopoguerra come insetticida in agricoltura - questo particolare inquinante è ricomparso in concentrazioni importanti nelle acque del Lario e del lago Maggiore

COMO - È allarme per il Ddt nel lago di Como. Abolito per legge sul finire degli anni Settanta - dopo un impiego vastissimo fin dall'immediato dopoguerra come insetticida in agricoltura - questo particolare inquinante è ricomparso in concentrazioni importanti nelle acque del Lario e del lago Maggiore. Il picco si è registrato nel 2005, ed è stato rilevato dagli esperti del dipartimento di Scienze chimiche e ambientali dell'Università dell'Insubria, con i colleghi dei dipartimenti di Scienze ambientali e di Biologia dell'università degli Studi di Milano. Nell'ultimo triennio la situazione è migliorata, ma nel complesso rimane critica: in uno studio pubblicato su diverse riviste specializzate, un gruppo di ricercatori delle due università (Roberta Bettinetti, Silvia Quadroni, Silvana Galassi, Renato Bacchetta, Luca Bonardi e Giovanni Vailati) hanno rilevato che la concentrazione di Ddt in alcuni molluschi d'acqua dolce (per esempio nella Dreissena polymorpha, comunemente detta la "cozza di lago") tra il 2003 e il 2005 è aumentata di 150 volte. Nel pesce, e nel medesimo periodo, fu rilevata una concentrazione pari a 0.12 milligrammi per chilo, a fronte di una soglia di sicurezza per il consumo umano fissata a 0.05 milligrammi.
La domanda era, e rimane, una soltanto: perché tanto Ddt nel Lario? Se per il lago Maggiore una spiegazione logica si poté rintracciare nel fatto che sulle quelle sponde l'insetticida fu a lungo lavorato e prodotto in una azienda che poi chiuse i battenti, su Como l'interrogativo è rimasto a lungo aperto: «Poi - racconta la professoressa Silvana Galassi, ordinario di biologia all'università degli Studi di Milano - abbiamo capito che la ragione andava ricercata nello scioglimento dei ghiacciai alpini. È un fenomeno già osservato in altri angoli del pianeta, anche se mai in queste proporzioni e mai in un lago tanto grande. Il Ddt lascia per anni tracce della sua presenza al suolo: sono metaboliti che si spostano in atmosfera e che, disciolti in atmosfera, possono tornare in forma di neve o pioggia, finendo nei ghiacciai, in qualche modo "intrappolati" sotto la neve, un fenomeno non a caso definito "trappola fredda". È chiaro che in occasioni di estati molto calde, come furono quelle del 2002 e del 2003, in cui si registrarono scioglimenti importanti di nevi perenni, quegli stessi inquinanti vengono immessi nei corsi d'acqua e trasportati a valle fino, appunto, ai laghi». La professore Galassi esclude, per il momento almeno, un vero e proprio allarme sanitario: «Se vi fosse stato un pericolo concreto per la salute pubblica lo avremmo senz'altro segnalato. Questo però non significa che la situazione sia da sottovalutare, anzi. Continueremo a monitorare il lago. Il ddt si deposita soprattutto nei sedimenti più profondi, sui fondali, dove rimane abbastanza fermo e relativamente innocuo. Ma fa presto a rimettersi in circolo. Basta un inverno più freddo del solito perché si registri un completo rimescolamento delle acque. È perché i veleni tornino a galla».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Documenti allegati
Eco di Bergamo - Ddt nel lago -