Il vescovo Coletti:
«Città in affanno»

Monsignor Diego Coletti compie 70 anni e parla della sua città: Como individualista

COMO - «Un attimo solo, chiamo il vescovo». Si presenta così monsignor Diego Coletti, aprendo personalmente la porta al secondo piano del palazzo di piazza Grimoldi. La sua casa da quasi quattro anni. Con lo stesso sorriso, la stessa ironia e gli stessi occhi del suo primo saluto alla città. Sì, perché monsignor Coletti tiene sempre lo sguardo alto, guarda dritto negli occhi.
Partiamo dal traguardo dei 70 anni. Di solito dai 30 tutti iniziano a fare bilanci. Qual è quello di Diego?
Mi viene in mente una frase di San Paolo che dice «non giudico me stesso». È da evitare la presunzione di fare un bilancio della propria vita. Preferisco parlare di scommesse e di speranza, quella di lasciare dietro di sè qualcosa che abbia favorito la speranza di altri.
E quello di Diego Coletti vescovo?
Sono gli ultimi dieci anni. Ho ricevuto molto più di quello che ho dato. Ho una gratitudine sconfinata verso le persone che ho incontrato e che mi hanno edificato, sopportato con la loro pazienza e aiutato. Penso di non avere nessun nemico, nel senso di non aver volontariamente cercato scontri e questo, forse, mi ha impedito di essere più efficace nelle scelte. 
Per il suo compleanno ha lanciato un appello: niente regali, ma aiuti al fondo diocesano. Dietro all'apparente ricchezza, c'è un mondo di povertà e disagio non così visibile?
Sì, anche se girando per la città non vedo grandi ricchezze. Vedo tante famiglie in reale difficoltà che non arrivano a fine mese, che da anni non riescono a risparmiare nulla, che devono cucire il pranzo con la cena. L'apparenza già adesso è quella di una città e di una diocesi in affanno. Questa condizione porta anche aspetti positivi perché ci stimola a liberarci dei falsi bisogni e a vivere una vita meno affannata e meno deludente e quindi depressiva.
È arrivato a Como il 28 gennaio 2007. Il sindaco le aveva fatto un identikit dei comaschi: «Gente all'inizio introversa, ma poi leale e generosa». Dopo 4 anni se dovesse fare lei un identikit quale sarebbe?
È vero, ma più che di introversione Como soffre di individualismo e isolamento. Auspico una maggiore capacità di condividere e collaborare da diversi punti di vista e che le differenze siano occasione di arricchimento, non di esclusione reciproca.

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