L'abbraccio di Como a Bernardette
Folla in Duomo e alla processione

Le reliquie partono oggi per la Valchiavenna. Coletti: «Non abbiamo scuse davanti a lei»

COMO «Non abbiamo scuse di fronte a Bernadette...»: il fascino della santità, cammino aperto a tutti e non soltanto a creature dotate di eccezionali capacità umane, ha creato forse la suggestione più forte, il richiamo più tagliente e impegnativo ieri in un duomo gremito. Più che una provocazione, un suggerimento in tono familiare, quello lanciato dal vescovo Diego Coletti nel clima di religiosa attesa, di domanda autentica, per certi versi carico della stessa fiduciosa confidenza che si respira a Lourdes, ai piedi della statua della Vergine apparsa ad una piccola ragazza di un villaggio ai piedi dei Pirenei. Presente attraverso le sue reliquie, "visibile" nell'urna deposta vicino all'altare maggiore, santa Bernadette Soubirous ha attirato in cattedrale una immensa folla suscitando il desiderio di un miracolo credibile. «Signore, se in questo villaggio ci fosse stata una più stupida di me, avresti scelto lei»: il vescovo Coletti ha ricordato questa espressione della santa vissuta dal fra il 1844 e il 1879 per delineare le due caratteristiche del sua vita spirituale e del suo temperamento che soltanto coniugate insieme hanno rivelato il paradossale segreto di una vita santa, totalmente affidata alle mani di Dio.
«Nelle varie vicende attraversate Bernadette ci mostra un temperamento schietto, forte, tenace, che la porterà ad affrontare momenti difficilissimi, calunnie e dolorose contraddizioni, in una totale e trasparente fedeltà all'esperienza che le veniva donata» ha detto il vescovo sottolineando d'altra parte la sua profonda umiltà, una predisposizione a considerarsi un niente. «La sintesi fra queste due caratteristiche, tenute insieme dall'esperienza dell'incontro con la presenza del Signore realizzato attraverso l'apparizione di sua Madre, ha reso la vita di Bernadette un piccolo capolavoro» ha affermato prospettando una santità poggiata sul dono incondizionato della propria esistenza pur carica di  limiti e sofferenza.



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