Se il gioco diventa malattia
In cura al Sert 80 comaschi

A volte, per finire nel tunnel della dipendenza, basta la mania dei gratta&vinci. Qualcuno, tra chi si è scottato con la febbre del gioco, a Como e provincia, è riuscito almeno a chiedere aiuto al Sert, il dipartimento dipendenze dell'Asl, dove i malati di gambling, come viene definito il problema di chi si ammala di azzardo, arrivano a decine.

COMO A volte, per finire nel tunnel della dipendenza, basta la mania dei gratta&vinci. Qualcuno, tra chi si è scottato con la febbre del gioco, a Como e provincia, è riuscito almeno a chiedere aiuto al Sert, il dipartimento dipendenze dell'Asl, dove i malati di gambling, come viene definito il problema di chi si ammala di azzardo, arrivano a decine. Un fenomeno democratico, dalla casalinga al manager. Una dipendenza, per certi versi, paragonabile a droghe legali e non. Come alcol, tabacco e cocaina.
«Erano 55, nel territorio, le persone arrivate negli studi medici del Sert nel 2010, per questioni di gioco. Sono già 40, nel primo semestre di quest'anno», afferma la dottoressa Manuela Serrentino, tra le referenti del servizio per le tossicodipendenze dell'Asl di Como. La stima virtuale, per la fine di dicembre, veleggia verso gli 80. Circa il 30% in più in soli dodici mesi. Ma la realtà sarebbe peggiore. «È un dato sottostimato, il nostro - riferisce ancora la Serrentino - perché, oltre a chi trova il coraggio di presentarsi da noi, ci sono tutti gli altri: le persone da cui il gioco viene vissuto come un vizio o un comportamento non problematico. Un errore di valutazione, purtroppo, comune».
Sono le prime avvisaglie di un'emergenza sociale in espansione. Per un fenomeno allarmante, in una città sempre più contagiata dal virus del gioco. Invita a una sera riflessione il dato diffuso ieri. A Como, ogni anno, si giocherebbero in media 1.800 euro pro capite. Più di Milano, «ferma» alla non indifferente quota di 1.500 euro. E con le difficoltà dell'economia - un altro aspetto che potrebbe invogliare, erroneamente, a sperperare i pochi denari nell'azzardo - e il dato fuori media di chi gioca poco o niente, significa che non sarebbero poche le famiglie messe alle strette dalle speranze trasformate in illusioni per un full. Cifre paragonabili a uno se non due stipendi mensili, in grado di erodere patrimoni familiari e creare, con un effetto tsunami, problemi a catena.
Lo stereotipo del pokerista o del patito della roulette è quantomai lontano, fuori moda. Ma soprattutto poco corrispondente al reale. «Ci si ammala anche per i videopoker e le lotterie istantanee, in grado di creare una preoccupante ossessione mentale - riferisce la Serrentino - la possibilità di una vincita dal riscontro immediato genera la ripetizione del gesto. Si gioca di continuo nella speranza, o nell'illusione di vincere, senza rendersi conto di buttare via i soldi». Con le slot si arriva addirittura a personificare la macchinetta.

Leggi l'approfondimento su La Provincia in edicola sabato 17 dicembre

© RIPRODUZIONE RISERVATA