«Nel campo militare in Cina
Ho imparato a rifare il letto»

Il reportage di una studentessa del Volta di Como che ha imparato a marciare e usare il fucile, ma ha anche festeggiato un compleanno con i soldati e i professori che facevano volare la torta

COMO Prima di venire in Cina mi ero ripromessa di non tirarmi mai indietro e di cogliere ogni possibilità che potesse arricchire la mia esperienza.
Tuttavia, una volta avanzata da parte della professoressa la proposta di partire per una settimana di addestramento militare con i miei compagni di classe e le altre classi del "gaoyi" (primo anno), devo ammettere di aver seriamente riflettuto sulla promessa fatta a me stessa, un po' per paura del freddo, un po' perché non mi sentivo ben attrezzata e un po' per i terrorizzanti racconti degli altri ragazzi stranieri, che sono tornati a casa dopo due giorni descrivendo la loro esperienza come totalmente traumatizzante.
Nonostante questa prima esitazione, però, non mi ci è voluto molto per convincermi del fatto che sarebbe stato un vero peccato perdere un'occasione del genere. Perciò, dopo aver parlato con la famiglia ospitante, ho comprato il necessario, ho preparato la borsa con l'aiuto della mia mamma ospitante, che, come sempre, è stata gentilissima e premurosa, ho salutato papà e sorella e, la mattina di domenica 13, sono partita.
Il ritrovo era previsto per le 7 a scuola, ognuno nella propria classe. Al mio arrivo tutti i miei compagni erano esaltati per il fatto che sarei partita con loro. Alle 7:40, dopo esserci ordinatamente sistemati sui 10 autobus che ci avrebbero portati al campo, siamo partiti. Fortunatamente, la sede del campo militare era sempre a Changzhou, perciò ci sono voluti soltanto una ventina di minuti per arrivare. Una volta giunti a destinazione, ci hanno velocemente assegnato le camere, ognuna delle quali era provvista di 5 letti a castello e un bagno. Piccola parentesi sulla camera: i letti erano costituiti da semplici assi di legno ricoperte da lenzuola, un cuscino senza fodera e una coperta verde marcio palesemente non lavata; il bagno era un cunicolo di 2 metri per 2, all'interno del quale c'erano due lavandini sporchi, un bagno alla turca e un doccino senza box doccia, sul pavimento c'era una miriade di capelli neri e l'odore che rimaneva imprigionato tra quelle quattro mura era un qualcosa di indescrivibilmente vomitevole, per non parlare delle mosche che fluttuavano da una piastrella all'altra.
Ad ogni modo, dopo questa prima sorpresa di benvenuto, che fortunatamente non ho avuto tempo di ispezionare per bene, abbiamo subito dovuto indossare le divise militari, anch'essere tremendamente maleodoranti ed enormi, per poi correre davanti all'edificio principale, dove si sarebbe tenuta una seconda cerimonia di apertura, questa volta un po' più lunga.
Ripensando a tutti i problemi che sorgono nel tentativo di organizzare le assemblee di istituto quando sono in Italia, mi riempio di ammirazione nel vedere come i cinesi riescano a far sistemare ordinatamente seduti su degli sgabellini alti una ventina di centimetri 500 studenti divisi per classe, sesso e in ordine d'altezza nel giro di un paio di minuti. Sotto ad ogni letto a castello, infatti, c'erano due sgabelli, i quali venivano trasportati dagli studenti nel caso in cui ci si dovesse sedere per qualche cerimonia o attività. Durante questa seconda cerimonia, ad ogni classe è stato assegnato un soldato-istruttore, il quale si sarebbe occupato della preparazione pratica e dell'allenamento quotidiano. Il nostro istruttore si chiamava Qizi Guo ed era vagamente simile a Gas-Gas di Cenerentola. Al primo impatto mi era sembrato eccessivamente severo, ma nei momenti di pausa era il primo a scherzare e a proporre gare di canto.
L'allenamento era molto ripetitivo e faticoso.
In realtà, i soldati erano abbastanza clementi nei miei confronti, anche perché, a causa della lingua, non erano rari i casi in cui loro ordinavano qualcosa e io facevo l'esatto opposto. Quindi, ero coinvolta solo nelle punizioni collettive.
Se un esercizio non riusciva bene, dovevamo rimanere accovacciati per 5 minuti ripetendo senza sosta "mingbai" (ho capito). Se, durante i pasti, qualcuno parlava, facevano alzare tutti in piedi per un minuto. Durante le attività serali dovevamo rimanere seduti per più di due ore su quei piccoli sgabelli all'aperto, anche se faceva freddo.
Il 16 novembre era il compleanno di una mia compagna di classe, quella con cui ho legato di più. Un professore ha detto che nelle lettere per i genitori avevano scritto informazioni che non potevano uscire dalla caserma e che, quindi, sarebbero stati puniti. La povera Huang Hui era una di questi.
Ad un certo punto, un soldato chiede silenzio, si spengono i lampioni, parte la musica e arriva il padre di Huang Hui insieme ai padri degli altri ragazzi, ognuno con un'enorme torta a tre piani e una cassetta piena di mele e mandarini. Dagli sgabelli parte il coro di "zhu ni shengri kui le" (tanti auguri a te) e la ragazza, emozionatissima, scoppia in un commovente pianto di gioia. Al taglio della torta ecco che tutto il rigore e la serietà cinese si trasforma improvvisamente in una tipica scena da film, in cui pezzi di torta volavano dappertutto.
In più - altra grande sorpresa che non perderò l'occasione di sottolineare ripetutamente a mia mamma, una volta tonata in Italia - ho vinto il premio per il "letto più ordinato" del campo militare.

Leggi tutto il reportage dalla Cina di Giorgia Davidovic sulle due pagine di approfondimento sulla scuola su La Provincia in edicola martedì 10 gennaio

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Eco di Bergamo Al campo militare