L'Università si fa in cucina
Ecco la trattoria degli studenti

Bisogna lavorare e tanto. Ma gli studenti comaschi preferiscono stare ai fornelli che studiare Greco e Latino anche perchè così possono iniziare a lavorare subito come succede alla trattoria Gerbet di Como

COMO Meglio stare ai fornelli che studiare latino. Meglio stare in cucina che andare all'università. Non è solo la crisi che spinge i giovani a snobbare scuole blasonate come il liceo classico, alle prese con un calo di iscritti ancora più consistente di quello dello scorso anno. Ma anche la passione per la cucina e soprattutto la prospettiva di poter mettere in pratica subito il proprio talento, sul campo e con un ritorno diretto e del pubblico.
Questo dicono Davide Frigerio 19 anni e Riccardo Loni 22 anni, che dopo il diploma all'istituto alberghiero Casnati si sono messi subito alla prova e hanno iniziato a gestire la trattoria Gerbet(t) di via Teresa Ciceri con il maître Andrea Mori 22 anni. Fa parte del progetto della scuola affidare agli studenti anche la responsabilità della gestione. Devono pensare a tutto loro: scelta di prezzi, menu, qualità delle materie prime. Devono far quadrare i bilanci.
Certo, sono affiancati da altri ragazzi che frequentano ancora l'istituto e possono contare sui consigli degli insegnanti Elisabetta Frigerio e dello chef Mauro Elli. Ma in ballo ci sono loro e devono ballare. Anzi cucinare meglio che possono.
Una passione nata quando i cuochi non erano ancora delle star in tv perché avvertono: «Bisogna sapere che si lavora davvero tanto e lasciarsi condizionare dalla moda». Servono umiltà, impegno ed entusiasmo.
«È un errore scegliere questa scuola credendo che sia più semplice di altre: forse la differenza è nella mole di studio teorico ma richiede molta passione e lavoro pratico, ha senso iscriversi solo se poi si ha intenzione di proseguire seriamente - spiega Andrea, responsabile di sala - adesso la scelta di alcuni potrebbe essere condizionata da programmi tv che in realtà sono più adatti a chi vuole imparare come preparare un piatto mentre il nostro lavoro non si riduce certo solo a quello». Perché non bisogna sottovalutare orari e ritmi che possono essere anche pesanti, la necessità di essere sempre aggiornati e di lavorare rispettando le gerarchie. «È una sfida e bisogna essere competitivi».
«Diventare cuoco era il mio sogno fin da bambino – racconta Davide - e adesso possiamo metterci alla prova con questa bella esperienza: per la prima volta noi che siamo in cucina ci occupiamo anche della parte gestionale, mentre nelle precedenti esperienze di lavoro e stage siamo stati aiutanti o parte del servizio».

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Eco di Bergamo A pranzo al Gerbet