Spina Verde, rinasce il Respaù Non il parco delle Rimembranze

Già 170 prenotazioni per l’ostello. Il terreno attorno dedicato alla riscoperta delle specie autoctone. Ma graffiti e immondizia tornano a invadere il pratone. E il cantiere di una baita trasformata in villa privata dura ormai da più di dieci anni e fa storcere il naso ai frequentatori dei boschi

COMO - Rifiorisce la Spina Verde. In senso letterale. A fine maggio, nel weekend tra il 25 e il 27, verrà inaugurato il Parco didattico realizzato sulle balze erbose attorno alla Cascina Respaù di sotto. «Si tratta di un percorso botanico dedicato alle piante autoctone - spiega Angelo Gatti, presidente della cooperativa Esedra di Cantù che da un anno ha in gestione l’ex dependance del Baradello -. È stato pensato in particolare per permettere alle scolaresche di riscoprire la cultura contadina delle nostre zone». Un obiettivo in linea con la storia di questo luogo: dopo essere stato in epoca medievale servitù del Castello, e con esso parte di un sistema fortificato, nei secoli scorsi, il complesso del Respaù è stato utilizzato per attività agricole, pascolo, bachicoltura, coltivazione di segale e frumento, fino agli anni ’50 del Novecento. Sono già state prenotate alcune visite al Parco didattico per maggio e giugno. Mentre da aprile ha riaperto l’ostello, ora funzione primaria della Cascina Respaù di sotto, che negli ultimi decenni aveva ospitato prima la comunità Arca per il recupero dei tossicodipendenti e poi quella di Waldo Bernasconi per le ragazze anoressiche. «Apriamo da aprile a ottobre - racconta Gatti -. E per questo primo mese abbiamo già 170 notti occupate: un ottimo risultato. Per ora, i nostri ospiti sono tutti stranieri, di età compresa tra i 19 e i 26 anni». Ma il primo impatto, per chi sale da Camerlata, piuttosto che da San Rocco, per raggiungere la Cascina Respaù, non è dei migliori. Nel Parco delle Rimembranze, il pratone sovrastato da un altare in sasso e dalle steli dedicate ai diversi corpi dell’esercito, i graffitari hanno sfregiato l’area sacra, altare compreso. Mentre tra l’erba si trovano rifiuti abbandonati, due sacchi neri (rotti) e resti di fuochi. Una situazione che conoscono bene gli Alpini, in prima linea per la manutenzione del polmone verde ai margini della città. «Da marzo del 2011 curiamo la sentieristica della Spina Verde - racconta Flavio Pedretti dell’Ana -. Abbiamo anche una convenzione con il Comune per cui, oltre ai gruppi, periodicamente interviene anche la nostra unità di Protezione civile. Rispetto a un anno fa la situazione è migliorata: è stata messa una sbarra all’accesso da Camerlata, perché il sabato e la domenica andavano su in tanti con le auto per fare il picnic e poi lasciavano in giro immondizia». Ma quella che abbiamo fotografato venerdì (si veda la fotogallery) dimostra che c’è ancora molto da fare. L’altra nota dolente è tra la cascina Respaù di sotto (recuperata come Ostello dalla cooperativa Esedra) e quella di sopra (altrettanto valorizzata dal gruppo Ana di Breccia-Rebbio). Si tratta di un’ex baita trasformata in villa, con tanto di autorimessa seminterrata, che dà su quella che sarebbe dovuta diventare una strada sterrata di raccordo tra gli accessi di Camerlata e di Prestino. Invece rimane un sentiero sconnesso, costeggiato dalle rete rossa che delimita un cantiere che da dieci anni fa storcere il naso a molti frequentatori di questi boschi. Pietro Berra [email protected]

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