Racket delle badanti
«Regali da mille euro»

L'associazione moldavi: «Una consuetudine con chi ti aiuta». Seveso (Acli): «Ci chiedevano indirizzi per poi rivenderli»

COMO «In giro, si dice che i lavori si vendono. Ne parliamo anche tra noi, ma non abbiamo prove». Parla Parascovia Rusu, 63 anni, presidente dell'Associazione cittadini moldavi, più di 900 associati in provincia di Como, per il 60% badanti o colf.

Parascovia, in italiano Paola, lavora da 14 anni nel Comasco come assistente familiare ed interviene sul caso di Maria Teresa Cacciola, residente a Como: cercava una badante per il papà, s'è imbattuta in ecuadoregni e s'è trovata in un incubo. Dapprima, telefonate strane, come se fosse in corso un passaparola tra ecuadoregni e come se dietro ci fosse un gruppo che decidesse chi far lavorare e come. Quando ha assunto, in regola, una badante ecuadoregna, questa le ha detto: «Signora, è venuto fuori un gran casino». Nel frattempo, continuavano le telefonate che chiedevano a Maria Teresa chi avesse assunto e per quale compenso. In due mesi, la badante s'è presentata al lavoro tre settimane, ma non si vuole dimettere. Il licenziamento costerà 1.451 euro al datore di lavoro, per la nuova normativa.

Non è un caso isolato. Anche la Cisl è a conoscenza di comportamenti da clan all'interno di gruppi, moldavi ed ucraini per esempio.
«Non bisogna fare di tutta l'erba un fascio - dice Parascovia Rusu - non c'è mafia, non c'è racket. C'è il passaparola tra noi, perché tutti gli uffici del lavoro non danno lavoro e ci dobbiamo aiutare tra connazionali».

Ma un conto è l'aiuto, un conto è il pagamento: la badante ecuadoregna ha rivelato che dovrà dare la prima busta paga ai connazionali.
«No, non è a pagamento - sottolinea la presidente dei Moldavi - chi ha trovato lavoro attraverso il passaparola, può fare un regalo a chi glielo ha segnalato. Cento euro, mille euro, comunque un segno di gratitudine a chi ti ha fatto del bene. Ma non è ufficiale».

Forse è sottobanco? «Noi non abbiamo mai trovato persone che chiedono soldi. Se ne parla, ma - ripete - ci vogliono le prove».

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