Meno tasse e burocrazia
Como: gli strumenti ci sono

La proposta del tavolo di competitività trova anche norme già esistenti da vecchie Finanziarie

COMO Una zona franca. Ma dal costo più insidioso: quello della burocrazia, impossibile da quantificare.

Preoccupato per la fuga delle aziende in Svizzera, il tavolo  per la competitività e lo sviluppo del territorio ha scelto una strada precisa: quella di ottenere il riconoscimento per un ruolo di confine che Como gioca. E deve farlo a carte pari. Meglio ancora, non da sola: tant'è che nel documento approvato dai partecipanti si è optato per un'ulteriore mossa, bussare a Sondrio e Varese e arruolarle nella battaglia.

A Villa Erba non è arrivato il governatore Roberto Maroni, impegnato con il premier Letta per l'Expo. Ma le richieste - indirizzate ai parlamentari comaschi, ai consiglieri regionali e alla Camera di commercio - sono state messe nero su bianco e giungeranno anche a lui. Con Maroni poi verrà stabilita una data perché ci si confronti dal vivo.

Tutta colpa della tassazione? Le associazioni non la pensano così e individuano la necessità di una zona franca particolare. Non insomma stile Livigno, con un solo fisco più conciliante. Perché la differenza nello scegliere se lavorare qui oppure oltre confine lo fa «il complesso di norme, adempimenti, procedure che oltre a contribuire a rallentare e investimenti e decisioni di sviluppo delle imprese, ne riduce sensibilmente la competitività, imponendo oneri gravosi e spesso insostenibili».

Lo grida una classifica di Confartigianato Lombardia: alle imprese comasche la burocrazia costa 200 milioni all'anno. E Como è terza nelle province lombarde meno virtuose su questo fronte dopo Brescia e Sondrio.

C'è anche una norma della Finanziaria 2008, che prevede le zone franche urbane. Con esenzione da una serie di tasse. Si può rispolverare. E declinare qui.

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