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Domenica 12 Luglio 2009
Dal lago al monte
tra miti e leggende
L'itinerario Torno-Montepiatto-Piazzaga con tutti i suoi segreti
«Quando ero piccolo io, Montepiatto era il monte dei ricchi, o quantomeno benestanti, Piazzaga la montagna dei più poveri. La differenza di vedeva dalle case. E si vede tuttora». Tutte e due - Montepiatto e Piazzaga - sono frazioni montane del comune di Torno, dove il poeta-camminatore Vito Trombetta è nato 65 anni fa. Ma ora che vive sull’altra sponda del lago, a Laglio (da molto prima di Clooney!), anche per lui sono diventate mete per la classica gita fuoriporta. Solo che a lui ogni pietra e ogni albero di quel percorso raccontano storie e leggende d’altri tempi, che l’orecchio del turista della domenica non può sentire.
San Giuseppe - Si raggiunge Torno in battello, o in bus (anzi, "curiera") da Como. Quindi, dal piazzale degli Alpini si diramano due strade. «Una è la strada "de Mumpiatt", più ripida ma più corta, che ti porta in cima in 35 minuti. L’altra, quella percorsa dalle jeep, è chiamata "la strada de cavall"». «A piedi - continua Trombetta - è meglio salire dalla strada "de Mumpiatt"». Scarpinando lungo questa mulattiera si incontra il primo di una serie di misteri: la cappelletta di San Giuseppe, che un bel giorno - anzi, brutto - si ritrovò decapitato. «Negli anni Cinquanta - racconta il poeta - c’era un signore di Torno che aveva un piccolo appezzamento di terreno sopra questa cappella. Era il mese di giugno, un giorno va su e taglia l’erba. Il tempo era bello, la sparge per terra per farla asciugare, arrivano le nuvole, la deve tirare su di corsa mentre comincia a piovere. Ma appena lui finisce il lavoro, torna il sole. La cosa si ripete per due-tre volte. Finché il signore, gonfio di rabbia, afferra il falcetto, va giù, prende la statuina di San Giuseppe e, benché ateo convinto, gli spara via la testa».
San Carlo - Proprio dalla cappelletta di San Giuseppe una volta si dipartiva un camminamento segreto che portava al monastero delle suore, attivo fino al 1598 accanto alla chiesa di Santa Elisabetta nel piccolo centro abitato di Montepiatto. «Da piccolo sono riuscito a penetrarvi un pochettino - riferisce Trombetta -. Si raccontava che in questo camminamento fossero state trovate delle ossa di bimbi, forse nati da rapporti illegittimi. Dicevano anche che per anni i tornaschi fossero stati banditi dal Sacro Monte di Varese, da cui il monastero dipendeva, per aver turlupinato le suore». Leggende nere, di cui non rimane traccia nel libro di «Storie e leggende tornasche e lariane» raccolte da Paolo Elia Sala, grande cultore di questo territorio che ha trasmesso la passione ai figli Margherita (presidente del Gruppo artistico tornasco), Carlo (curatore del sito www.montepiatto.it) e Giovanni (attuale sindaco di Torno). Due dei suoi racconti sono dedicati ad altrettante magiche pietre che si incontrano lungo il percorso: la prea pendula, enorme masso erratico apparentemente in bilico, ma in realtà saldissimo, usato come ara per culti pagani all’epoca dei celti; le "impronte di San Carlo", ovvero segni nella roccia in località Pezzöö, che si dice impressi dalle dita dell’arcivescovo Borromeo per far sgorgare acqua e dissetarsi, quando salì per salvare le ultime due suore rimaste nel monastero ai tempi della pestilenza.
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