Giudici e avvocati insieme
per l’ultimo saluto a Pacia

Tra i presenti anche magistrati e i legali del processo di Erba. L'omelia inizia con una battuta, richiamandosi alla pagina del Vangelo sulla morte di Cristo tra due ladroni: «L’avvocato avrebbe difeso anche quelli, se fosse stato sul Calvario».

Como - «Mia moglie mi aspettava sempre»: curvo sotto il peso del dolore per la perdita della sua Mara, si lasciava stringere le mani dai colleghi che gli esprimevano cordoglio. E lui, Enzo Pacia, sempre così bravo con le parole dell’eloquenza e della retorica forense, nella circostanza personale aveva trovato solo quelle: «Mia moglie mi aspettava sempre».
Ieri, nella chiesa di San Giuliano, anche Don Roberto Pandolfi che con monsignor Isidoro Malinverno ha celebrato l’ultimo atto terreno del principe del foro Enzo Giuseppe Pacia, fra tante espressioni che poteva cercare, ne ha trovata una. E con quella ha rappresentato tutto ciò che rimane quando tutto sembra finito, la fama, il successo, il fervore, i brillanti risultati professionali, l’immagine sociale. Ha cominciato l’Omelia con una battuta, Don Roberto, richiamandosi alla pagina del Vangelo sulla morte di Cristo tra due ladroni: «L’avvocato avrebbe difeso anche quelli, se fosse stato sul Calvario». Ma ha concluso, rivolgendosi al nipotino Roberto: «Voglio pensarlo come uno sposo fedele, come colui che aveva tutti i diritti di trovarsi un’altra persona. Tieni presente l’esempio del nonno, Roberto: è rimasto fedele alla nonna. Oggi, ha trovato compimento pieno la fedeltà che va oltre la morte». L’ha benedetto, quando il respiro era ormai quello dell’Eternità: «Era un volto che esprimeva la serenità, come di chi ha incontrato la pace e la quiete, che è l’accettazione del nostro essere», ha rassicurato. Dentro un legno chiaro, piccole orchidee bianche e viola a decorarlo, se n’è andato sereno, dopo tanta sofferenza, l’avvocato Pacia: Don Roberto l’ha voluto dire, ai parenti, ai coscritti compagni di boccette al Bar Centrale di Piazza del Duomo, agli amici del Sociale, ai molti colleghi, ai magistrati che l’hanno accompagnato nella Verità, «al tribunale di Dio, dove tutti dovremo comparire», ha sottolineato il celebrante. Una cerimonia sobria: fuori, tre corone di fiori, una con la scritta: «Con affetto, Mario», una della famiglia Bordeaux e una di Luisa Bordeaux, co - difensore nel processo per la strage di Erba con l’avvocato Fabio Schembri, presenti al rito, lei in lacrime e lui con un’espressione tirata. Sono arrivati tutti alla spicciolata, sul sagrato di San Giuliano, il Pm Massimo Astori, protagonista, con Pacia, del «processo del secolo», il presidente della sezione penale Alessandro Bianchi e quante volte, nelle udienze, l’avvocato tuonò: «Presidente, presidente….» e poi c’erano tutte le segretarie dello studio, Pinuccia, Grazia, Fulvia, Giulia, Donatella, Lia. «Non piangiamo, perché è capace di presentarsi con una delle sue sfuriate…», hanno sciolto così la commozione.

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