Delitto del furgone giallo:
spunta la pista dei soldi

Antonio Di Giacomo, il 46enne di Colico ritrovato cadavere nel vano di carico del suo furgone, potrebbe essere morto per questioni finanziarie. Ne sono convinti gli investigatori che hanno anche avviato i primi accertamenti bancari e patrimoniali, per chiarire quale fosse la reale disponibilità economica di Di Giacomo.

TAVERNERIO La terza giornata di indagine vai in archivio con la prima, concretissima ipotesi:soldi. Antonio Di Giacomo, il 46enne di Colico ritrovato cadavere nel vano di carico del suo furgone, potrebbe essere morto per questioni finanziarie. Ne sono convinti gli investigatori della squadra mobile di Como, che nelle ultime ore hanno anche avviato i primi accertamenti bancari e patrimoniali, per chiarire quale fosse la reale disponibilità economica di Di Giacomo, che da circa un anno e mezzo lavorava con un contratto di esclusiva per la Polti di Bulgarograsso nelle province di Sondrio e Lecco, rifornendo le macchine aziendali per la distribuzione di bevande.
Non sono emersi molti dettagli. Si sa che guadagnava piuttosto bene, quanto bastava a mantenere la famiglia e i suoi tre bambini, cui era legatissimo. Sulla carta almeno, non certificava introiti tali da certificare troppi appetiti ma di elementi ancora da focalizzare, dal punto di vista patrimoniale, ce ne sono ancora moltissimi. Chi lo conosceva bene, e che aveva auto modo di lavoragli accanto, lo descrive come un uomo attento al proprio business, uno piuttosto ferrato in materia di conti e di bilanci, uno impossibile da abbindolare, un uomo bene ancorato a terra. Aveva una rete di contatti lavorativi piuttosto ampia, specchio di una personalità dinamica, ed è qui, in questo terreno, che nelle ultime ore la polizia si è messa a rovistare, lanciando qualche amo e sedendosi ad aspettare. La sua società, la Wind Service, era stata fondata circa un anno e mezzo fa, dopo la rinuncia a una partecipazione in una società che avrebbe dovuto provvedere alla distribuzione di caffè a clienti privati. Di Giacomo, come altri che avevano creduto nell’operazione, vi aveva investito circa centomila euro, ma quando si era compreso che le cose non avrebbero preso la piega auspicata, se ne sfilò, recuperando il capitale investito, comprensivo di interessi e di quella licenza per le province di Sondrio e Lecco con la quale lavorava tuttora.

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