Notte nei rifugi dei disperati
con gli angeli della Caritas

«Tornare a casa? Ormai, i miei sono morti tutti» e lo dice senza alcuna emozione, lo straniero che ha per letto tre centimetri di gommapiuma appoggiati ad una rete metallica e un velo di lana per coperta

COMO «Tornare a casa? Ormai, i miei sono morti tutti» e lo dice senza alcuna emozione, lo straniero che ha per letto tre centimetri di gommapiuma appoggiati ad una rete metallica e un velo di lana per coperta.
Certo, non è pura lana, di quella che scalda, in questa stanza che un tempo forse era ufficio, forse era magazzino, adattata a rifugio per lui ed altri due magrebini, per quanto si possano identificare fattezze alla luce fioca di una candela ormai moccolo, l’unica luce che c’è in questo grande complesso diroccato  in via Scalabrini.
Gli unici rumori, in questa notte, il vento che s’insinua in ogni angolo, un treno che va pieno di nessuno, una portiera accostata, un calpestìo di passi, il cigolìo di un lucchetto.
«Permesso? - chiede il direttore della Caritas, Roberto Bernasconi, con tre volontari - avete bisogno di coperte?».
Aprono, scostano teli, li fanno entrare, afferrano e stringono al petto le coperte fatte all’uncinetto dalle pensionate della parrocchia di Sant’Agata, non c’è una sedia per far accomodare nessuno, ci sono solo tre brande, una fila di taniche d’acqua perché non c’è acqua corrente, un tavolino, un fornello a gas, qualche vivanda. Uno è ancora in pantaloni corti, di cotone: «Avrei bisogno di pantaloni d’inverno - rabbrividisce - e di un lavoro».
Pantaloni, anche subito. Ma il lavoro, chi può dare un lavoro a tre extracomunitari, da tanti anni in Italia, mai nessun lavoro a tempo indeterminato?
Ogni tanto c’è, ogni tanto non c’è, ogni tanto, raccontano, vengono chiamati come lavapiatti o come aiuto pizzaiolo e vivono di niente, mangiano alla mensa dei poveri, si vestono all’armadio dei poveri, frequentano l’ambulatorio dei poveri e una notte di gelo, nell’inverno scorso, la Caritas li ha trovati nei capannoni dismessi.
Da allora, periodicamente, i volontari vanno a trovarli e anche l’altra notte una quindicina di giovani si sono divisi la città: non c’è più nessuno in viale Innocenzo - via Benzi, murato l’ingresso; non c’è più nessuno in via Tommaso Grossi, murato l’accesso. Sono qui, c’è chi apre, chi non apre e chi, a sentire passi estranei, s’è nascosto, forse: le tracce di vita sono evidenti, giacigli e uno stendibiancheria occupato da povere cose bagnate, intirizzite dal freddo. Scacciarli anche da qui?
Troveranno un altro posto e se appena appena c’è un soffitto che non cade a pezzi, quattro pareti che non grondano acqua, si sistemano. Meglio così che le panchine, i portici, la strada. E ci sono anche italiani, in quattro in una stanza, una candela su uno scheletro di lampadario. Uno dorme, raggomitolato in una trapunta, un altro ha la febbre alta, uno è un cassaintegrato che non ce la faceva più a pagare l’affitto: hanno trovato da qualche parte le brande, un tavolo, scaffali e perfino una poltroncina per il cane Sissi.
Hanno un’unica richiesta: un milione-un milione e mezzo di euro. Un po’ scherzano e un po’ polemizzano: «Gli extracomunitari hanno più benefici di noi», dicono e i volontari li ascoltano e li rispettano, perché si sa che la guerra è tra poveri. Hanno dentro tanta fatica, tante umiliazioni e tanto orgoglio, ma non l’invidia dei ricchi, non il rancore per la società: «Dateci una casa da ristrutturare e noi la ristrutturiamo - affermano - almeno avremmo un lavoro».
«Vi va un lavoro come il volantinaggio», chiede Roberto Bernasconi. «Eh, magari e se poi riuscisse anche a far aggiustare le docce pubbliche...» Il sabato notte passa così, una pila in mano che doveva fare un po’ di luce e invece allunga solo le ombre di esseri umani invisibili nell’impensabile, carne e spirito di tutti i poveri del mondo, nelle città e nelle foreste, nelle favelas e nelle baraccopoli.
L’altra notte, sotto le coperte all’uncinetto delle pensionate di Sant’Agata, qualcuno ha sognato di essere a casa. Tra i suoi.
Maria Castelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA