Como, brutta notizia
E non sarà l’ultima

Il menu delle brutte notizie sul Como oggi è ricco come quello di un pranzo nuziale. Il rischio che la sentenza negativa del Tar di ieri abbia creato una situazione di sfiducia totale difficile da sanare, è forte e concreto. Nei tifosi di sicuro, e nella squadra vedremo. E per questo la porta chiusa al ripescaggio in C potrebbe non essere che la prima di una serie di situazioni negative. Che adesso andiamo a riassumere. Dunque ieri il Tar del Lazio ha detto no al ricorso del Como. La squadra azzurra, a beneficio di chi l’avesse persa sul radar della passione, continuerà a giocare in serie D. Pretendeva il ripescaggio per aver messo, al momento dell’iscrizione, soldi cash al posto delle garanzia bancarie. Operazione riguardo alla quale i dibattiti in questi mesi sono stati simili a quelli sul sesso degli angeli. La sostanza è che l’iscrizione poteva essere fatta solo mettendo una fidejussione, che invece (per motivi in parte chiari, in parte misteriosi) non è stata depositata. Gliel’hanno detto, gliel’hanno ripetuto, ieri gli hanno fatto anche un disegno: il Como in C non può essere ammesso. La notizia è questa.

E voi direte: e tutto il resto? Calma. Due piccole premesse. Uno: la sentenza avversa era assolutamente prevedibile, visto che non c’è stato un ricorso vinto che fosse uno, in un clima (necessario) di muoia Sansone con tutti i Filistei. Si sono persin modificate le regole e ridotti i numeri delle squadre partecipanti per evitare ai questuanti di rientrare dalla porta di servizio. Come si dice: non era aria. Secondo: tutte le colpe della società erano note da mesi prima della sentenza, tutto noto e tutto chiaro, ma il verdetto ha ora il potere di far scaricare su tutti di botto il peso di quelle colpe. Di qui le brutte notizie di cui sopra. Primo: ieri Felleca ha pronunciato questa frase: «È dura ripartire in questa situazione». Segno di incertezza? Di stanchezza? Il che sembra preludere a un definitivo faccia a faccia risolutore con il suo socio Nicastro. A questo punto non interessa più chi abbia fatto cosa, ma cosa si farà da qui in avanti. Felleca e Nicastro, che hanno recitato la parte di quelli che andavano d’accordo, devono venirne a una. Così non si può più andare avanti. La società deve avere un padrone.

Non ci interessa in questo momento stabilire chi davvero voglia vendere o meno, chi ha bluffato. Si parlino, si mettano d’accordo. In questo senso arriva a fagiuolo l’iniziativa annunciata dal gruppo di tifosi dei Pesi Massimi, una conferenza pubblica con tutti gli attori presenti per un faccia a faccia di chiarimento definitivo.

Seconda notizia: i tifosi, la parte più più calda e appassionata, ha scritto su pietra la rottura con questa società. Felleca e Nicastro, bocciati alla pari. Una situazione che, con i soli 150 abbonamenti sottoscritti, presenterà al Sinigaglia la prima giornata un clima desolante, di protesta se non di assoluta indifferenza. Si potrà vincere un campionato in queste condizioni? Non basta: mentre guardavamo dall’altra parte, ci hanno inserito in un girone più difficile del precedente, quello da dove Caratese a suo tempo e Lecco quest’anno, hanno fatto carte false per scappare. In più, distratti (o meglio, concentrati) dal ricorso al Tar, il Como si presenta al via perlomeno con spifferi e lacerazioni arrivate ormai allorecchio della gente: il prato dello stadio in condizioni raggelanti, le maglie da gioco che non si sa se sono arrivate o no, il preparatore dei portieri e il team manager che al ritorno da Arona hanno detto “arrivederci e grazie” e se ne sono andati. Serve un cambio di rotta: adesso è il momento di dare segnali di serietà, ordine, affidabilità. Se no la barca si ribalta definitivamente. Glu, glu, glu.

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