Rivoluzione mense e “schiscetta”
Sul pasto da casa nessuno sa che fare
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Una sentenza impone alle scuole di accettarlo ma l’Asl insiste: vietato. Eppure qualche istituto dice sì. Come in via Sinigaglia. L’assessore: «Non sapevo nulla»

“Schiscetta” a scuola, a Como si fa già. L’anno scorso gli alunni della primaria Corridoni di via Sinigaglia esclusi dal servizio mensa (perché il refettorio era troppo piccolo per accoglierli tutti), hanno mangiato ogni giorno il cibo portato da casa, riscaldandolo in un’aula adibita a mensa soltanto per loro. Di più:l’istituto ha assegnato anche un educatore per aiutarli e vigilare sul loro pranzo. Consumavano non solo il classico panino, ma anche primi e secondi cucinati dalle mamme.

Il caso Sinigaglia emerge mentre in tutte le scuole d’Italia - e Como non fa eccezione - ci si interroga sulle conseguenze del pronunciamento con cui la Corte d’appello di Torino accoglieva, solo pochi giorni fa, un ricorso di un gruppo di genitori decisi a tornare all’antico, ai tempi i cui a scuola si andava con il pranzo in cartella.

Silvia Magni, vicesindaco con delega all’istruzione, fa sapere di non essere mai stata a conoscenza del caso Sinigaglia ma il nodo andrebbe a questo punto chiarito. Tutte le scuole potrebbero dire sì alla schiscetta, almeno per i casi di manifesta necessità. Del resto il tribunale, respingendo i reclami del Miur, è stato chiarissimo: prevale, su tutto, il diritto alla libera scelta.

Contattata l’Ats - ex Asl - fa sapere che quanto accaduto in Sinigaglia non sarebbe mai stato avallato. Mentre sempre più mamme si dicono pronte a ricorrere al panino - che permetterebbe peraltro un risparmio - restiamo in attesa di sapere, sempre dalle autorità sanitarie, se una seconda aula attrezzata per la sola colazione “al sacco” sia o meno legale.

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