Como, Lecco e Sondrio
Ora serve uno scatto

Se tu non ti occupi della politica prima o poi sarà la politica a occuparsi di te. Le classi dirigenti di Como, di Lecco e di Sondrio farebbero bene a ricordarsi di questo celebre detto. Si vanno ridefinendo gli assetti e le rappresentanze dei territori. Il governo rivoluziona Province, Camere di commercio, sedi della Banca d’Italia e altro ancora.

Davanti al nuovo che avanza ci vorrebbe una visione comune per non essere travolti, per non subire il cambiamento e, anzi, per essere capaci di governarlo. Insomma, Como, Lecco e Sondrio dovrebbero capire che ora serve uno scatto.

È miope e controproducente rinchiudersi nella logica del “particulare”. Nella chiusura a riccio per difendere i propri interessi e le pur, legittime e condivisibili specificità. Ciascuno sembra più attento a preservare il più possibile l’equilibrio interno - fatto di poltrone e di cariche, politiche, economiche e associative - invece di dedicare la propria intelligenza alla ricerca del modello nuovo che verrà.

C’è nelle classi dirigenti locali la speranza che la piena sia passata, che le riforme appena accennate si arenino qua e là lasciando disordine, sì, ma anche qualcosa da conservare. Se l’onda lunga della politica riformista non si è ancora esaurita c’è da pensare, al contrario, che da qui al 2018 si potrebbe assistere ad una ulteriore accelerazione. Motivata magari con l’esigenza, valida solo parzialmente, di tagliare i costi e di ridurre il peso dello Stato.

Como, Lecco e Sondrio, dunque, hanno tutto l’interesse a ritrovarsi e discutere insieme dove andare, come e con chi. Non lasciare che le decisioni vengano prese a Milano o, peggio, a Roma.

L’esperienza fin qui fatta non lascia ben sperare. Sondrio si è arroccata nella difesa della sua specificità montana e finora le è andata bene. Ma fino a quando durerà? Como e Lecco si studiano come parenti sospettosi e cercano alleanze fuori casa. Lecco guarda a Monza (che a sua volta un po’ tende verso e un po’ teme Milano), Como guarda con un occhio all’altro ramo dello stesso lago e rischia lo strabismo perché con l’altro occhio volge lo sguardo verso Varese. Per le Province si vedrà. Per le Camere di commercio le dichiarazioni ufficiali sono per un accorpamento tra Como e Lecco e, poi con Monza. I vertici indicano strade che le categorie economiche non sempre condividono. È il caso di Unindustria che tra Lecco, Como e Monza riesce a esprimere tre posizioni diverse. Le altre categorie finora si sono fatte mettere in scacco. Se si accorgono del rischio d’impasse magari fanno la mossa giusta per giocare la partita.

Che sia necessario un ripensamento degli equilibri lo dimostra, ad esempio, la doppia struttura fieristica (Villa Erba e Lariofiere) che Como e Lecco mantengono in piedi. Ha ancora senso? Non sarebbe opportuno valutare un solo ente che gestisca più poli diversificando le funzioni, inserendo magari Villa Monastero e una prestigiosa sede valtellinese? E come non pensare all’occasione persa nel non aver saputo giocare una partita insieme per l’Expo? Como, Lecco e Sondrio trovino un terreno comune. A pensarci c’è già: è il lago. Il Lario finora ha diviso, ora può unire.

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