Como: «Salviamo il palco
del Crocifisso»

L’appello del priore a favore dell’antica struttura allestita per il bacio durante la Settimana Santa Raccolta fondi aperta tra i cittadini dalla Famiglia Comasca. Il restauro è costato 100mila euro

Como

Già a prima vista sembrava malconcio, ma solo chi lo montava e smontava ogni anno conosceva le reali condizioni dello storico palco in legno della basilica del Crocifisso che dal martedì al venerdì della Settimana Santa viene calpestato da migliaia di fedeli quando, per fede e come da tradizione di antica memoria, salgono sul pulpito per baciare i piedi del crocifisso.

Più che cadere a pezzi la struttura non stava più insieme. Per questa ragione padre Enrico Corti, priore della basilica da poco più di un anno, ha dato seguito al compito lasciatogli in consegna dal predecessore: far restaurare una parte importante e tanto amata del patrimonio affidato ai padri somaschi. Così ha fatto, e da martedì sera il palco rimesso a nuovo con il restauro conservativo recentemente concluso sarà restituito ai fedeli. Il conto da pagare però è salato, poco meno di 100 mila euro. Per saldare un importo così elevato padre Enrico lancia l’appello ai fedeli e a tutti i comaschi nella speranza raccogliere almeno una parte del necessario.

«Il restauro era urgente e non si poteva più rimandare - spiega - Abbiamo dei privati che ci sostengono con donazioni ma l’importo è troppo elevato perché siano sufficienti da soli i contributi dei sostenitori e dei fedeli. Ci serviranno entrambi». Grazie al contributo della Famiglia Comasca è stato aperto un fondo al Credito Valtellinese. «Abbiamo pensato di proporre una donazione libera nel periodo pasquale visto che durante la Settimana Santa il palco viene utilizzato dai fedeli per una tradizione radicata a Como come il bacio del Crocifisso».

Il costo così elevato dipende dalla complessità dei lavori eseguiti. Basti pensare che sono durati quasi un anno intero, e a guardare la lunga relazione dei restauratori (ha operato la Mariani di Lazzate) non c’è da stupirsi. Prima di tutto non si sa nemmeno quando, come e da chi sia stato realizzato il palco. Solo nel corso di questo primo vero restauro è tornata alla luce una data, «1728», rimasta nascosta per decenni sotto plurimi strati di vernice. Il deterioramento del resto è dipeso in parte dagli anni, in parte dalle condizioni in cui veniva immagazzinato, in parte da chi ci ha messo mano in passato con poca accuratezza e con tentativi di salvarne l’apparenza con interventi devastanti. La struttura è composta da parti di legno di abete con tavole di rinforzo in rovere e castagno tenute insieme da elementi metallici. In origine probabilmente i pezzi combaciavano tra loro quasi alla perfezione, da ultimo non si riusciva nemmeno a tenerlo in squadra: traballava perché consumato e sgretolato anche alla base e per farlo stare insieme venivano aggiunte delle tavole di rinforzo ai lati. Il restauro oculato che finalmente è stato eseguito ha permesso di conservare praticamente tutte le parti antiche in legno con l’eliminazione delle aggiunte di materiale scadente nel secolo scorso e il rifacimento di tutte le parti metalliche.

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