Il foglio di un giudice
e la caccia alle streghe

È già cominciata la conta tra amici del Como e nemici del Como. Non abbiamo nemmeno iniziato a capire, non tanto quello che è successo al Calcio Como, quanto quello che potrà succedere, che già è cominciata la caccia alle streghe. Su chi vuole il male del Como, chi spara notizie in prima pagina, chi si inventa le cose, chi fa del terrorismo. E tra questi, i soci del Calcio Como, arroccati sulle posizioni di “proprietà offesa” da una città che non lo ama. Noi, prima di fare qualche commento, come si confa ad un editoriale, ci tocca riassumere i fatti. Non quelli di cronaca che trovate all’interno, ma quelli di sostanza. Qui si parla di un parere di un giudice: un foglio firmato controfirmato e timbrato scritto di suo pugno che ritiene il Como insolvente, cioè incapace di far fronte ai debiti. E per questo ha passato gli atti alla Procura. Qui ci fermiamo. Perché di più non sappiamo. Non sappiamo se il Como sanerà la faccenda dando immediatamente prova di essere patrimonialmente a posto, non sappiamo se le valutazioni della Procura saranno diverse da quelle del giudice civile, e non riterrà di avviare il procedimento fallimentare (ne avrebbe facoltà, in un caso o nell’altro), non sappiamo se questo caso diventerà un dramma sportivo o, come ci ha detto Bruni ieri, finirà in una bolla di sapone. Noi ci fermiamo al foglio che abbiamo letto, uscito dalla cancelleria di un tribunale, che ci pare abbastanza per occuparci della vicenda.

Perché non si tratta di un chiacchiericcio, di uno scheletro nell’armadio che qualcuno tira fuori strategicamente per fare un torto a qualcuno, ma è un fatto. Di fronte al quale, noi come voi, siamo attoniti e preoccupati. Siamo un po’ stufi che in questa città, dove non si riesce mai a fare gruppo, ogni volta parta la caccia alle streghe. Allo stadio siamo i soliti mille pirla da trent’anni a questa parte, ci conosciamo per nome, ormai. Ma occhio alla trappola, perché poi parte il complotto e la congiura. Che palle.

Ci spiace mettere insieme le due fotografie: i visi sorridenti di Porro, Bruni e Foti nella nostra redazione a commentare felici la promozione, e 10 mesi dopo le arringhe di chi si sente attaccato. Ma, ripetiamo, qui c’è un giudizio super partes. E da qui partiamo. Tante volte si è detto che il Como dei comaschi non sarebbe mai fallito, perché padroni locali sono una garanzia. Più volte si è detto che imprenditori di questo lignaggio, di questa statura non sarebbero mai e poi mai incorsi in guai. Bene: lo crediamo anche noi. Occhio al tempo del verbo. Segnatevelo bene, voi professionisti della congiura: lo crediamo ancora. Non “lo credevamo”. Sappiamo che questi imprenditori non si possono permettere un fallimento infamante, con il rischio di implicazioni penali. Abbiamo fiducia che non succederà. Ma ci sfugge il motivo del perché saggi imprenditori che lavorano a un futuro roseo del Como si siano infilati in un casino del genere. In un danno di immagine che già così è clamoroso. E la cui causa non è il titolo di un giornale, ma il foglio di un giudice. Qui non si doveva arrivare. Punto. Come vedete ci fermiamo qui. Aspettiamo la soluzione del caso. In fiducia. E senza congiure.

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