Il nostro eroe Gigi Meroni. E un calcio che non c’è più

Nel giorno dell’anniversario della scomparsa della Farfalla granata, il ricordo di uno degli amici Oggi, nel 1967, travolto da un’auto sulle strisce di corso Re Umberto a Torino, moriva Gigi Meroni, il comasco fantasista della squadra granata e della Nazionale. A nome dei suoi amici, che ancora ai giorni nostri tengono viva la memoria della Farfalla granata, Luigino Nessi ha voluto scrivere per noi questo toccante ricordo.

C’é un immagine che rappresenta la persona, il suo essere, e rappresenta anche il calcio di allora. Qualcuno si ricorderà una foto di Gigi Meroni, al mare,con la sola testa che usciva dalle onde. Capelli lunghi e baffi e un sorriso, era una foto scelta per il concorso mensile, promosso dalla Facis, che la Gazzetta dello Sport premiava quali miglior foto sportive.

Era del luglio 1967. Lui tranquillo, in acqua, al mare. Più in su, a Torino, la gente assediava la sede granata, perché Pianelli, il suo presidente,,voleva, e stava per “vendere”, Gigi alla Juve degli Agnelli.

Invece, allora c’era l’attaccamento alla bandiera; i giocatori ne erano i suoi simboli. Meroni rimase, felice, al Toro: calcio di altri tempi. Pensate a quello di oggi: i soldi dell’Arabia attirano campioni che hanno fatto gioire, con le loro gesta, tante persone nella propria città, magari per anni.

Persino a livello giovanile, tanti ragazzi lasciano la società dove sono cresciuti per andare da altre parti. Anche i loro genitori vogliono vincere, il vincere é quello che conta, dimenticando luoghi, affetti e gratitudini.

Meroni era uno dei simboli del calcio di allora: la stessa maglia per anni, quasi fosse una pelle, capelli lunghi, barba, baffi, i calzettoni arrotolati, le sue finte,i suoi dribbling, i suoi gol.

Finta Facchetti, un tiro tagliato, Sarti immobile e un goal a San Siro, un gol-vittoria con l’Inter dell’allora mago Herrera, che dopo quel risultato inizio a barcollare e perdere poi tutto, campionato e Coppa. Ricordare questo, a me interista, fa sempre male al cuore.

Poi la tragica morte. Travolto dopo una partita vittoriosa, da un’auto guidata da un suo tifoso, che anni dopo diventerà presidente del suo Torino. Una cosa da tragedia greca.

Ricordare Meroni ogni anno é ormai una routine che potrebbe creare fastidio. Ma ricordare Meroni é ricordare un protagonista della vita della nostra città, dei suoi luoghi: l’oratorio di San Bartolomeo, i suoi preti, la Libertas Sb, il Sinigaglia pieno, con la pista per le bici,il CooBar e una Balilla nera in giro per la città al lunedi.

È ricordare la Domenica Sportiva in bianco e nero.: «Tel lì il Meroni, adess al fan vedè...».

È ricordare tante persone, protagoniste del calcio giovanile comasco, che sono già con Gigi in Paradiso.Il fratello Celestino, Livio Prada, Battista Ghioldi, Favini, Bressani, il Trombetta, il Lambrugo e Tosetti. Altri sono ormai “anziani”, si trovano ancora in città a ricordare e a raccontare: il Della Torre, Casaligi, Tato Cairoli, chi vi scrive...

Ricordare Meroni é anche ricordare un Torneo che é durato 35 anni, proposto dalla Us Albatese, la società dell’oratorio di Albate;

Molti se lo ricordano. Le finali al Sinigaglia, sempre una quarantina e oltre squadre a partecipare, tanti ragazzi, tanti gol, vittorie e sconfitte, ogni anno una maglietta nuova, ma soprattutto, la tanta gioia che lo sport può dare.

Ora il Torneo non c’è più, al Sinigaglia non c’é più la pista, dove tante volte arrivava il Lombardia, non si gioca più al pallone nel cortiletto come quello di via Milano, il CooBar ha chiuso da anni, la Balilla é in un museo...

Non ci sono più nemmeno le bandiere. Allora Mazzola era l’Inter, Rivera il Milan, Gigi Riva il Cagliari e Meroni era il Torino, la farfalla granata. Erano simboli di un altro calcio: più bello?

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