Mentre nel dibattito politico italiano emergono preoccupanti posizioni xenofobe in merito alla questione dello “ius soli” (possibile acquisizione della cittadinanza come conseguenza del fatto di essere nati in Italia), circola in rete un documento, diffuso da Rai News 24, che dovrebbe aiutare a riflettere. È tratto da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano del 1912 sugli immigrati italiani negli USA, che dice: «Gli italiani non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali. Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Gli altri, quelli a cui è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione».
Non si può negare che tra questi immigrati italiani, cui fa riferimento la relazione, non pochi si fossero rivolti al crimine perché figli di criminali o di mafiosi o perché quasi sempre discriminati ed esclusi da cariche rispettabili negli affari e nelle professioni a causa di pregiudizi. Senza alcun dubbio, però, la gran parte dei figli di emigranti italiani si è distinta per straordinarie capacità lavorative, creative e intellettive, che hanno consentito loro di raggiungere posizioni di altissimo livello e di acquisire notorietà internazionale in vari settori della cultura, dell’arte, dello sport, dello spettacolo del cinema, della scienza, dell’economia e della politica.
Proprio per il contributo fornito al paese da tanti nostri connazionali, così come da altri emigranti, vige negli Usa lo “ius soli integrale” (chi nasce negli Usa è cittadino americano). Regole molto simili vi sono anche in Canada, Argentina e Brasile.
In presenza di requisiti più o meno restrittivi, è possibile in ogni altro paese che la cittadinanza venga concessa sulla base del luogo di nascita e non solo sulla base della discendenza (lo “ius sanguinis”).
In Italia vige una normativa tra le più restrittive al mondo, seconda solo alla Svizzera. Molto interessante è la legislazione vigente in Belgio, che tiene conto d’indispensabili criteri di scolarità e d’istruzione e che prevede per chi è nato nel territorio nazionale la possibilità di acquisire direttamente la cittadinanza al compimento dei 18 anni o dei 12 se i genitori sono residenti da almeno 10 anni.
Potrebbe essere questo un utile punto di riferimento per il nostro legislatore.
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