Un esempio per Como
I giovani volontari

Comaschi bocciati dal vescovo. Mi scuserete se rovino il clima di festa, i cenoni e i lustrini di queste periodo e vi riporto con i piedi per terra, ha premesso Coletti durante la celebrazione del Te Deum in Duomo. Poi ha detto chiaro e tondo che, a Como, il tema della crisi economica e del disagio sociale in crescita è stato dimenticato nel corso del 2013. Quindi ha elencato i numeri - drammatici - che testimoniano l’aumento esponenziale di persone che restano senza lavoro o addirittura senza casa. Di fronte a tutto questo, noi cosa abbiamo fatto? E che cosa pensiamo di fare nell’anno nuovo? Domande che il vescovo non ha rivolto solo alle istituzioni. Ha chiamato in causa tutti, nessuno escluso.

La strada che ha indicato è quella tracciata da Papa Francesco. Ha scelto proprio le parole del pontefice «venuto dalla fine del mondo».

Ne citiamo un passaggio: «Si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea, che non ci compete. La cultura del benessere ci anestetizza: perdiamo la calma se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo».

Non chiudete gli occhi, dice il Papa. Non chiudeteli di fronte ai mendicanti, ai senzatetto, alla sofferenza che incontrate tutti i giorni, in tutte le città.

Un appello che, in concreto, si può tradurre - per esempio - nel sostegno alle tante associazioni e realtà del volontariato impegnate sul campo, anche a Como. Perché, in un quadro a tinte fosche, non possiamo dimenticare lo sforzo delle persone che già oggi donano tempo, energie ed entusiasmo agli ultimi, alle persone che tutti gli altri preferiscono lasciare fuori dal proprio campo visivo. Questi volontari (giovani e meno giovani, uomini e donne, laici e credenti) dovrebbero moltiplicarsi, per rispondere a bisogni che si moltiplicano. Ecco, nelle parole del vescovo abbiamo letto soprattutto questo richiamo. Lo stesso sindaco Mario Lucini, nell’intervista di fine anno, ha detto che il suo cruccio più grande è quello di non riuscire ad aiutare come vorrebbe i cittadini alle prese con la crisi. Le casse dei Comuni sono vuote. E, se non lo sono, il diabolico meccanismo del patto di stabilità impedisce comunque di spenderle. Ecco perché diventa ancora più importante il ruolo del terzo settore. Un fiume che dovremmo tutti contribuire a ingrossare. Non basta metter mano al portafogli e fare un’offerta - anche questo è importante, certo - a qualche ente caritatevole. Un modo comodo per lavarsi la coscienza, nel periodo di Natale.

Sarebbe bello che il vescovo potesse citare con orgoglio, tra un anno, il numero dei nuovi volontari attivi in città. E non dovesse più tirarci le orecchie.

Intanto, un pensiero va a tutti coloro che hanno già fatto la scelta di aiutare i più bisognosi. Come quei giovani “angeli custodi” - li hanno chiamati proprio così - che ogni sera, senza pubblicizzarlo, insieme ai viveri portano affetto e calore umano a chi non ha una casa.

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