Challenger gallery. «Muster, Sinner e i sold out 2023»

Tennis I ricordi di Paolo Carobbio, dt Tennis Como: «Nel 2008 la finale durò un solo game, Fognini star. Il derby degli Arnaboldi, ci manca solo Berrettini»

Un torneo che dà prestigio al club e alla città intera. Perché è uno dei pochi eventi sportivi di livello internazionale ospitati dalla città e che sa attirare su di sé turisti, stampa e interesse ben oltre i confini dell’Italia. Il Challenger di Como, il torneo di tennis andato in scena tra fine agosto e i primi di settembre, con le sue 17 edizioni, è una realtà in continua crescita.

Scorrendo l’albo d’oro, affiorano ricordi e aneddoti. L’abbiamo fatto con il direttore tecnico del Tennis Como e del Challenger, Paolo Carobbio. Dagli albori, a oggi, si è mosso un mondo intero: «Ricordo la prima edizione del 2006, quando da Future, il torneo diventò Challenger. Vinse Bolelli, battendo Luzzi, un caro amico morto pochi anni fa per una leucemia fulminante». E poi Gonzalez, vincitore nel 2007, un giocatore ancora in circolazione: «È ancora lanciatissimo nel circuito di doppio».

Fantozziana, a dir poco, la finale del 2008: «Ci ricordiamo bene il ritiro Koellerer: non ci fu finale più disastrosa. Avevamo le tribune piene, si ritirò dopo un solo game. Fu poi radiato per le scommesse…».

Di tutt’altro livello l’edizione e la finale successive: «Vinse Dolgopolov, uno dei giocatori più eclettici, con Brown, mai visti a Como: spettacolare». Il successo di Haase nel 2010 fece da anteprima al biennio dello spagnolo Carreno-Busta, vincitore nel 2011 e nel 2013: «Gli portò bene, come ad altri, perché entrò nella top ten».

Ma è anche bello ricordare altri aneddoti. Su tutti quello legato a Muster: «Dovevamo annunciare la sua presenza in conferenza stampa. Non eravamo sicuri che venisse davvero ma, mentre parlavamo, vedemmo un biondino entrare al Tennis Como: era lui. Era già anziano, tennisticamente parlando, ma era stato il numero 1 al mondo. Voleva riprovare a giocare, ripartendo dai Challenger, gli assegnammo subito una wild card».

Campioni ne sono passati, in età matura (come l’ex numero 5, Robredo) o giovanissime future star. Come Auger-Aliassime, transitato da Como quindicenne, o Thiem. E gli italiani? Anche questo è un bel capitolo: «Sinner venne giovanissimo quando il suo coach era ancora il comasco Piatti. Ma dai nostri campi sono passati anche Musetti, Sonego e Cecchinato che qui perse due finali consecutive. E quelli della “vecchia guardia” come Starace, Bolelli, Volandri e Sanguinetti. Tutti i più forti tennisti italiani sono passati da Como, l’unico che ci manca è Berrettini».

Dopo il Covid – nel 2020 si disputò un Open con finale tra i cugini comaschi Andrea e Federico Arnaboldi – il torneo ha avuto nuovi picchi. L’edizione 2023 è stata particolarissima, con Fabio Fognini iscritto in extremis: «Ci chiamò il manager due giorni prima dell’inizio, la Fit gli diede la wild card. Ha dimostrato di essere ancora un personaggio. Così come Paire, un bravo ragazzo e ancora un ottimo tennista».

Anche il maltempo ha inciso, e non poco, nell’ultima edizione: «Due giorni di pioggia ci hanno costretti agli straordinari. I campi alternativi per partite e allenamenti erano a Giussano e Mariano. Ma la transportation andava effettuata con i mezzi ufficiali del Challenger: oltre cinquanta persone da spostare per lo staff, più i tennisti. Senza contare i costi aggiuntivi per le camere e l’ospitalità, oltre ai campi di Como devastati dalla pioggia: li abbiamo recuperati non appena è comparso il sole». Mai come quest’anno sono comparse anche le code all’ingresso: «Con Fognini e Paire abbiamo fatto due “sold out” in settimana, non era mai successo prima».

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