«Luna Rossa? Una questione
di velocità e non di tattica»

L’analisi del pluridecorato skipper Puntello (Yacht Club Como)

Verrebbe da dire, visto che è finita 7-3 per New Zealand, che i kiwi hanno lasciato sfogare Luna Rossa all’inizio per poi tirare fuori quei due nodi in più e rivincere comodamente la Coppa America.

L’Italia della vela ha sperato nel miracolo sino all’ultima notte di passione e chi ha vegliato per seguire la telecronaca, ha sentito anche qualche commentatore parlare di scelte sbagliate del team di Patrizio Bertelli. Ma è proprio così? Non è assolutamente d’accordo Giovanni Puntello, skipper di provata esperienza dello Yacht Club Como, che vanta due titoli mondiali, uno europeo, cinque tricolori e un titolo continentale Usa.

«La velocità ha pagato e dato ragione a team New Zealand – assicura - indipendentemente dalle tattiche e dalle partenze vinte tutte da Luna Rossa. Alla fine la barca più veloce vince. Questa è la regola che nessuna strategia riesce a cambiare. Ho seguito tutte le notti le regate, sperando fino all’ultimo di ribaltare il risultato come era successo con il team Oracle che da 8-0 vinse 9-8 proprio su New Zealand. I commentatori televisivi hanno parlato di virate o lati del campo errati presi da Luna Rossa. Non sono questi i motivi della sconfitta».

Quali secondo lei? «È semplicisticamente una questione di velocità, che i kiwi avevano sviluppato più di noi, ma anche dal lavoro dei team».

Vuol dire che i neozelandesi hanno lavorato meglio di noi? «Mettiamo subito in chiaro che l’equipaggio italiano si è rivelato estremamente professionale. Nel 2006 ho difeso il titolo mondiale negli Usa con Mintaka l’imbarcazione del team Polti e alla tattica avevamo un giovane Checco Bruni. Ora Bruni, il timoniere di sinistra di Luna Rossa, ha assolto degnamente il suo compito, come del resto tutti gli altri, rendendo la barca praticamente perfetta».

Un nuovo modo di gareggiare. «La componente umana è sì rilevantissima, ma nella vela di oggi si è spostata a favore delle 110 persone del team che sono a terra, tra ingegneri, velai, tecnici e softwaristi, che permettono ai dieci membri dell’equipaggio di avere un mezzo al livello tecnico e più avanzato. Il team italiano ha perso non per una questione di conduzione dell’imbarcazione, ma solo per un piccolissimo gap tecnologico e di sviluppo, rispetto ai neozelandesi».

Non arriveremo mai al loro livello? «Abbiamo quattro anni per prepararci e possiamo farcela. Intanto abbiamo dimostrato di essere davanti a Usa e Regno Unito».

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