Bravo: «Io, con il covid 19
ho perso la mamma»

L’ex azzurro, oggi ds del Sud Tirol: «Il Lario sempre un posto speciale. Tutti sanno ora che lì si fa sul serio».

Ieri ci siamo occupati del dramma di Marco Nicoletti, l’ex bomber del Como che ha perso entrambi i genitori in poche settimane. Ma non è stato l’unico ex azzurro ad essere stato colpito duramente negli affetti dal coronavirus. Anche Paolo Bravo, terzino fluidificante, che dal settore giovanile guadagnò la prima squadra e poi fu protagonista della promozione in B con Tardelli, ha patito un lutto in famiglia: ha perso la mamma Caterina.

Paolo Bravo, oggi ds del Sud Tirol, dopo esserlo stato al Rimini e al Santarcangelo (ricordate la querelle per il contratto di Fabio Gallo conteso tra le due società?), è considerato uno dei più bravi operatori di mercato della C. Quella che doveva essere una chiacchierata sul calcio, sul Como visto da lontano, si è trasformata anche in altro. Purtroppo.

«Esco da un periodo brutto. Io sono della provincia di Brescia, una delle zone più colpite dal coronavirus. E la pandemia si è portata via mia mamma».

Come è andata?

Avevo appena finito la quantena, cui mi ero sottoposto volontariamente essendo stato a casa a trovare i miei. Due settimane di clausura. E alla fine, la telefonata: mamma aveva la febbre. Allora ho preso la macchina, sono partito da Bolzano e ho raggionto S. Zeno, il mio paese.

Poi?

Poi ci siamo trovati nella situazione di altre tante famiglie: l’ospedale è diventato un lazzaretto, tanti hanno tenuto i familiari a casa. Io ho curato mia mamma per sette giorni, in collegamento con il medico. Gli somministravo l’ossigeno. Poi è peggiorata e non ce l’ha fatta. C’erano altre patologie,ma non è certo una consolazione. Era in forze, l’avevo accompagnata di recente ad acquistare un mobile...

Cosa ti è rimasto, al di là del dolore, di questa esperienza?

Vedere i medici senza l’equipaggiamento necessario per operare, per intervenire. Mi venivano in mente quei ragazzini che magari vengono a fare un provino senza le scarpette da gioco. Questa è stata la mancanza più grave, la falla più difficile da gestire.

Il calcio ripartirà?

La serie A credo di sì, ha troppi posti di lavoro da gestire, un business colossale che dà da mangiare anche alle serie inferiori. Gli altri, noi della C compresi, credo di no.

Che soluzione vedi?

Credo che si ripartirà a settembre con i nuovi campionati e a porte chiuse. Noi non possiamo certo permetterci i protocolli di sicurezza con le sanificazioni giornaliere. Noi come categoria, intendo.

E come si fa con le promozioni?

Si promuovono le prime tre e e poi si sceglie la quarta facendo la media punti conquistati. La più valorosa, passa.

Ci credi alla B allargata a 40 squadre?

No. Non sarebbero chiari i criteri di ammissione e verrebbe fuori la guerra mondiale. Lo stesso per la serie C d’elite. Chi decide “tu sì e tu no”? Credo che il calcio sia giunto al momento di fare riforme e scremature sul serio.

Tipo?

Io dico che dopo un fallimento, una società dovrebbe ripartire da fondo. Ormai i fallimenti arrivano uno dopo l’altro, perché si riparte dalla D e se fai uno squadrone sei subito sù.

Sei finito sulle cronache nazionali per il colpo di aver venduto Morosini al Monza. Qualcuno ha scritto: la mossa che ha salvato il Sud Tirol...

Non scherziamo. Per fortuna il Sud Tirol ha una società molto solida, che non dipende da una cessione. Anche se devo dire che è stata una operazione brillante.

Come si fa il calcio in Trentino Alto Adige?

La società fa sul serio. Il centro sportivo è all’avanguardia, e adesso stiamo realizzando lo stadio nuovo.

Stadio nuovo? I tifosi del Como saranno invidiosi...

Un gioiello di 5500 posti, capienza utile anche per la B, nel caso. Bellissimo. Sarà pronto nella primavera del 2021. Certo, qui la gente va a vedere di più l’hockey su ghiaccio, non c’è una cultura calcistica storica a livello di passione. Ma se fai le cose per bene, poi la gente ti segue.

Come vedi il Como, da... concorrente di mercato?

Vuoi sapere cosa si dice del Como in giro? Che finalmente ha una società che fa le cose seriamente. Tutti ci aspettiamo che faccia uno squadrone, che punti a salire. Sembra pronto per tornare un gran Como.

Che ricordi hai di Como?

Un posto molto bello per fare calcio, perché c’è storia, c’è tradizione. Io sono diventato uomo lì, con un settore giovanile di valore. Fa parte delle storie più belle della mia vita sportiva.

E sul campo, cosa ricordi?

Il ricordo più bello è quello dell’esordio in prima squadra. Avevo già debuttato in Coppa Italia, ma Burgnich mi mandò in campo anche in campionato, in C, contro il Vicenza. Che emozione! Mi ricordo anche la sua frase prima di quella partita: “Paolo, ricordati che il treno non passa due volte”.

E poi?

Poi la promozione in serie B con Tardelli. Una bella impresa, eravamo una squadra giovane, piena di entusiasmo e con tanti che venivano dal settore giovanile e sentivano qualcosa di speciale per i colori azzurri.

Hai anche segnato un gol da ex...

Quel giorno che il Saronno di Preziosi, dove giocavo, battè gli azzurri: segnammo io e Marziano. Il Saronno che batte il Como... A volte le cose vanno al contrario di come dovrebbero...

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