Bufera sul Como: i cinque capi d’accusa

La situazione Così i tifosi adesso sono arrabbiati, sino alla contestazione. Lo hanno fatto sabato in curva, abbandonando lo stadio dopo il 5-0

Il calcio in Italia non è il football americano, con la gente che guarda lo spettacolo e mangia i popcorn. Smuove passioni storiche, sentimenti radicati, emanazione di vecchie divisioni campanilistiche. Così, se fai calcio, non c’è piano industriale che tenga, se non ottieni risultati. E adesso, in una beffarda coincidenza di tempi, proprio nel momento in cui la società proprietaria del Como ha esposto alla città l’affascinante piano industriale Como4Como, per lo sviluppo economico del brand, si ritrova sotto casa una tifoseria incazzata, furibonda per la figuraccia rimediata in una partita che (tra l’altro) rappresentava una data sottolineata in rosso sul calendario.

Il Como straniero lo sapeva? Forse no. Sarà becero e limitativo, comprendiamo, ma il calcio è questo. In Italia funziona così: prima i risultati, poi tutto il resto.

Così i tifosi adesso sono arrabbiati, sino alla contestazione. Lo hanno fatto sabato in curva, abbandonando lo stadio dopo il 5-0; lo faranno sicuramente in settimana, facendosi sentire sui social; e vedremo che clima ci sarà sabato con il Benevento.

La rabbia dei tifosi si svolge in cinque punti. Eccoli.

1. Società distratta da lustrini e pajettes, che ha sta dando più importanza alle strategie di marketing, lasciando il calcio in seconda fila. Se Wise arriva da Londra per la presentazione di Henry ma non per quella di Longo, è un segnale abbastanza importante sulle priorità.

2. La conduzione dall’estero è complicata. Qui ci vuole un uomo forte con pieni poteri. Invece Ludi, quando la società ha cambiato marcia sulle strategie esterne, ha perso un po’ di potere. Paradossalmente proprio quando ha assunto due cariche, ds e dg. Troppe. Per noi Ludi dovrebbe tornare ad occuparsi di calcio, tornare ad essere un punto di riferimento. Invece sono tutti terrorizzati da Wise e da chissachi, con una società impallata.

3. Le scelte tecniche, a partire dalla difesa, che (dopo la tiritera del centrocampo che non copre) da sabato è un problema, perché cinque gol di testa di cui quattro su corner sono un rebus (anche se qualcuno in mezzo non ha seguito l’avversario). E non c’erano Binks e Scaglia che erano stati individuati dai tifosi come i meno in forma.

4. Baselli e Fabregas non possono giocare insieme. Piedi buoni, classe e raffinatezza, ma finiscono risucchiati, travolti se il centrocampo avversario è di energia. Prima mossa, se non si vuole cambiare modulo, dovrebbe essere un play (Baselli o Fabregas) e Chajia dietro le punte.

5. Troppi giocatori sono al di sotto degli standard di rendimento, tanto che qualcuno comincia a pensare ci sia qualche problema nello spogliatoio, o che il periodo senza allenatore (quattro partite) abbia partorito la disgregazione del gruppo.

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